Johann Strauss Figlio, quintessenza della musica viennese

Johann Strauss Figlio, quintessenza della musica viennese

Non è un caso che Johann Strauss Figlio sia passato alla storia come “Re del valzer”. Nella seconda metà dell’Ottocento, con le sue quasi 500 composizioni ha fatto ballare ogni ceto sociale di Vienna. Anche dopo la morte nel 1899 ha ininterrottamente continuato a dominare le piste da ballo di mezzo mondo e con le sue operette è entrato nel repertorio dei grandi teatri internazionali. Il suo “Sul Bel Danubio Blu” è pure entrato nella storia del cinema del Novecento, come suggestivo sfondo a una delle più celebri scene di “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick.

Il 25 ottobre si celebra il bicentenario della sua nascita. Nella capitale austriaca già dall’inizio del 2025 non si sono contate manifestazioni, mostre, pubblicazioni, ma naturalmente il clou è attorno all’anniversario.

Fra le mostre in corso spiccano quella promossa dalla Biblioteca Nazionale Austriaca su vita e opere del compositore, nella splendida cornice della Sala di Rappresentanza: (“Star mondiale per passione” fino all’11 gennaio), e quella proposta dal Museo Ebraico fino al 16 gennaio, il cui titolo, “Segreto di stato”, rimanda alla clamorosa falsificazione che Joseph Goebbels ordinò per emendare l’inaccettabile macchia di un antenato ebreo nella genealogia dell’amatissimo (anche dai nazisti) Johann Strauss Figlio: “Qualche sapientone ha scoperto che Johann Strauss è per un ottavo ebreo. Proibisco di rendere la cosa pubblica”, annotava il ministro della propaganda nel suo diario il 5 giugno 1938. I registri anagrafici del Duomo di Santo Stefano indicavano infatti che il bisnonno Johann Michael Strauss, di origini ebreo-ungheresi, si era convertito in occasione del suo matrimonio con Rosalia Buschinin l’11 febbraio 1762.

Qualche tempo dopo l’irritazione di Goebbels, avvalendosi dell’allora nuovissima possibilità di creare copie fotostatiche, i funzionari nazisti fecero quindi semplicemente sparire il paragrafo incriminato, autenticarono la copia e misero l’originale del registro sottochiave. Un provvedimento che funzionò durante il Terzo Reich e salvaguardò agli occhi dei nazionalsocialisti la persona e le creazioni del compositore e musicista, rendendo possibile celebrarlo e usarlo per “migliorare il sentimento di appartenenza del popolo”. Proprio quel registro in originale, ritrovato negli archivi della Curia, e i documenti collegati, fra cui la manipolazione fotostatica, sono esposti al Museo Ebraico di Vienna fino al 16 gennaio.

Fonte: Il Sole 24 Ore