Klimt e Schiele superstar con spine
Da allora per Schiele è stato un continuo di cause legali, l’ultima delle quali si sta portando avanti a più riprese sulle due sponde dell’Atlantico attorno alle opere un tempo appartenute al cabarettista e grande collezionista Fritz Grünbaum.
Per Klimt, a partire dalla clamorosa restituzione dei cinque dipinti del Museo Belvedere ai discendenti della famiglia Bloch-Bauer nel 2006, gran parte delle opere passate sul mercato ha avuto strascichi legali a suon di cause milionarie fra chi sosteneva di aver acquistato in buona fede e gruppi di eredi che reclamavano la restituzione di dipinti magari commissionati al maestro proprio dai loro antenati.
In questo senso, in queste ultime settimane è stata la volta sia di “Pesci argentati” di proprietà della Bank Austria e esposto in comodato all’Albertina, rivendicato dagli eredi del mercante d’arte viennese Hans Lion, sia del ritratto del principe africano William Nii Nortey Dowuona, datato 1897, un dipinto che mancava all’appello da decenni e che a marzo alla fiera Tefaf era stato stimato 15 milioni di euro, ma di cui le autorità ungheresi hanno chiesto il sequestro: chi lo voleva vendere lo aveva introdotto in Austria dall’Ungheria senza una regolare autorizzazione, non avendo dichiarato che si trattava di un Klimt. Curiosamente, proprio quel quadro era stato portato in salvo da Vienna all’Ungheria dopo l’annessione dell’Austria alla Germania nazionalsocialista, e da lì non era mai stato restituito alla legittima proprietaria Ernestine Klein.
Un copione sempre uguale
Nel pedigree di molte opere di Schiele e Klimt si aprono sovente voragini temporali che non sempre mercanti e case d’asta cercano davvero di colmare, cosicché quello che va in scena di volta in volta è un classico copione incentrato su capolavori originariamente di proprietà di agiate famiglie ebraiche viennesi, confiscati dai nazisti o venduti a basso prezzo dietro pressione, sia al tempo del Terzo Reich sia, purtroppo, con metodi simili nel dopoguerra, quando almeno in un primo tempo gli acquisti venivano effettuati da collezionisti lungimiranti ma non sempre del tutto ignari della provenienza insanguinata delle opere, visto che molti dei proprietari d’anteguerra erano stati sterminati nei Lager.
Fonte: Il Sole 24 Ore