La bellezza che era per i romani il golfo di Stabia

La bellezza che era per i romani il golfo di Stabia

Che fosse grande bellezza lo ricordano un po’ tutte le fonti. Anche Cicerone, scrivendo a Marco Mario, lo confessa: «Non ho dubbi in proposito: hai tratto un’apertura nella tua camera da letto e ti sei spalancato un panorama sul golfo di Stabia». Stabia come luogo di otium e delizie ma anche del fluire del vivere, fra miserie e fatiche. Perché le lussuose ville, affacciate sul Vesuvio, su Ischia e il Golfo, erano pure luogo di produzione e di sfruttamento del lavoro. E questa doppia anima si racconta al Museo Archeologico di Stabia Libero d’Orsi, ospitato nel palazzo reale di Quisisana a Castellammare di Stabia attraverso una ricca collezione di reperti provenienti dalle ville del territorio, rinvenute prima dagli esploratori borbonici nel XVIII secolo e poi da D’Orsi a partire dal 1950. Proprio, l’ampliamento del museo è dedicato al tema del paesaggio, alla natura antropizzata (che è paesaggio agricolo e produttivo) e trasfigurata (la pittura di paesaggio e la sua percezione) ed è qui dove è svelata l’altra Stabia, che non si può ridurre a un luogo dell’ozio. La stessa ambivalenza del vivere a Stabia prima dell’eruzione del Vesuvio è la cifra del catalogo, ricco (oltre 500 le schede di reperti) e pieno di spunti di approfondimento, che Maria Rispoli e Gabriel Zuchtriegel hanno curato.

La pars rustica è l’altra faccia della medaglia di questa terra ed è evidente, ad esempio, nella scena di cantiere proveniente dal calidarium del complesso di Villa San Marco, che è eccezionale testimonianza dell’arte dell’architettura e anche della società romana del I secolo d.C. Il catalogo, come il progetto scientifico del nuovo allestimento, valorizza i due aspetti del vivere e riesce a ricucire la memoria storica di un sistema territoriale molto articolato e frammentato, che era sospeso fra mare e terra, tra il versante napoletano e salernitano. Senza dimenticare gli importanti riscontri scientifici che arrivano dalle necropoli o dai santuari.

Il Museo di Stabia è un viaggio fra dipinti, arredi marmorei, suppellettili in ceramica e bronzo. Gli affreschi calamitano l’attenzione. Quelli del soffitto di uno dei porticati della Villa San Marco segnano lo scorrere delle stagioni. Un globo chiaro, attraversato da due cerchi ospita una figura femminile, dalla veste azzurra che sussurra al vento e che è accompagnata da un amorino con le spighe. Accanto forse un’altra donna, di cui si nota solo il capo coronato da pampini. Certezze non ce ne sono, ma gli studiosi considerano il planisfero la rappresentazione di una sfera armillare, in cui equatore e un meridiano sono mossi dalle personificazioni delle stagioni dell’Estate e dell’Autunno. Passano i giorni, sono passati i secoli e i tratti morbidi degli affreschi di Villa San Marco sono ancora qui a sussurrarci l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva.

Il Museo Archeologico di Stabia

Fonte: Il Sole 24 Ore