
La Cassazione apre ai patti prematrimoniali
La Cassazione apre agli accordi prematrimoniali. Siamo forse ancora lontani dai contenuti del contratto stipulato tra il boss di Amazon Jeff Bezos e Lauren Sanchez che, prima delle nozze celebrate a Venezia, hanno fissato paletti praticamente su tutto, scappatelle comprese, ma la Suprema Corte aggiunge ora un’altra tappa di un cammino che sembra irreversibile.
Con l’ordinanza 20415 la Cassazione ha infatti giudicato lecito l’accordo tra marito e moglie con il quale, in caso di separazione, il marito si impegna a restituire alla moglie il denaro di proprietà della moglie e da costei speso per pagare le spese di ristrutturazione di una casa di proprietà del marito. Si tratta dell’ultimo episodio giurisprudenziale in tema di patti stipulati in corso di matrimonio in vista dell’eventualità della separazione o del divorzio. In termini tecnico-giuridici, la decisione viene argomentata con la considerazione che l’accordo oggetto di giudizio era qualificabile come contratto atipico diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela (articolo 1322 del Codice civile) sospensivamente condizionato all’evento della separazione coniugale. In altre parole, la separazione non è intesa dalla Cassazione come “causa” dell’accordo, ma come accadimento dal quale dipende l’efficacia delle pattuizioni stipulate dai coniugi (nel caso specifico, l’obbligazione di restituzione del denaro prestato dalla moglie al marito).
Una doppia lettura
Da una parte è indubbio che quest’ultima sintetica decisione non debba essere letta come la definitiva svolta dei giudici di legittimità nel senso della liceità dei patti con i quali i coniugi (o i futuri coniugi) convengono sistemazioni patrimoniali in caso di separazione o divorzio. Basti rammentare infatti che la Cassazione (11012/2021, in Il Sole 24 Ore del 6 maggio 2021) ha ribadito il suo tradizionale orientamento secondo il quale dall’articolo 160 del Codice civile deriva una irrimediabile nullità, per illiceità della causa, di qualsiasi patto di contenuto patrimoniale (anche se estremamente favorevole per il coniuge avente diritto all’assegno di separazione o di divorzio) che i coniugi stipulino in vista della crisi coniugale, e ciò anche in quanto questo patto potrebbe influire sulla volontà dei coniugi di cessare il rapporto matrimoniale o di proseguirlo (gli stessi concetti erano già stati affermati, ad esempio, anche nelle decisioni 2224/2017 e 5302/2006).
D’altra parte, nemmeno si può squalificare l’ordinanza 20415/2025 come episodio privo di rilievo; e, anzi, appare fondata la considerazione secondo cui questa decisione potrebbe finalmente segnare l’irreversibilità di un percorso che, in breve, potrebbe portare i patti preconiugali o coniugali a non essere più considerati in termini di illiceità per ragioni «di principio», e cioè in quanto ritenuti lesivi di una tradizionale idea di famiglia come valore superiore e indisponibile rispetto agli interessi dei suoi singoli componenti (siano essi coniugi, futuri coniugi o ex coniugi), la cui autonomia privata non sarebbe pertanto così ampia da poter confezionare pattuizioni inerenti ai loro rapporti patrimoniali.
Segnali di apertura
Depongono, in questo senso, diverse univoche considerazioni, in particolare che:
Fonte: Il Sole 24 Ore