La Cgil dà il via a 4 referendum, nel mirino il Jobs act: quali sono le norme contestate

Una delegazione della Cgil con il segretario generale, Landini ha depositato oggi in Cassazione quattro quesiti referendari sui temi del lavoro. Nel mirino soprattutto il Jobs act. Tre i temi e quattro i quesiti. I primi due sui licenziamenti (uno sul superamento del contratto a tutele crescenti e l’altro sull’indennizzo nelle piccole imprese, previsti dal Jobs act); il terzo sulla reintroduzione delle causali per i contratti a termine (in questo caso il riferimento legislativo è ad una delega del Jobs act ma anche alla norma introdotta dal governo Meloni che lascia alle parti individuali la possibilità di indicare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva); il quarto è relativo agli appalti, sulla responsabilità del committente sugli infortuni.

Landini: 500.000 firme entro l’estate per il referendum

«Aspettiamo l’uscita formale sulla gazzetta ufficiale dei quesiti che abbiamo presentato ma pensiamo di poter raccogliere le 500.000 firme necessarie per il referendum entro l’estate» ha detto il numero uno della Cgil, dopo aver presentato in Cassazione i quesiti. L’obiettivo è votare nella primavera del 2025.

Cosa è il Jobs Act

La locuzione Jobs Act indica informalmente una riforma del diritto del lavoro in Italia volta a flessibilizzare il mercato del lavoro. Promossa e attuata dal governo Renzi attraverso l’emanazione di diversi provvedimenti legislativi, è stata completata nel 2016. Il Jobs act, entrato in vigore il 7 marzo 2015 ha introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio. E in casi di licenziamento illegittimo ha previsto il superamento del reintegro nel posto di lavoro, sostituito da un indennizzo economico commisurato, appunto, all’anzianità (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità).

I contenuti principali

I contenuti principali del Jobs act sono: l’introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e la possibilità da parte del datore di lavoro di licenziare un lavoratore dipendente senza giusta causa, prevedendo l’applicazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori dopo i primi tre anni di rapporto, ma la reintegrazione nel posto di lavoro viene limitata ad alcuni casi particolari, venendo sostituita in generale dal diritto ad ottenere una indennità a titolo di risarcimento; i contratti a tempo determinato possono essere prorogati fino ad un massimo di 5 volte (alla sesta proroga scatta l’assunzione a tempo indeterminato; la creazione della NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego); un piano di incentivi e decontribuzione per le imprese per favorire le assunzioni a tempo indeterminato.

Fonte: Il Sole 24 Ore