
La Chigiana celebra Pierre Boulez a cento anni dalla nascita
Nelle programmazioni dell’Accademia Musicale Chigiana di Siena firmate da Nicola Sani, il direttore artistico, c’è sempre un focus dedicato alla musica della nostra epoca, quella già definita nella storia e nei suoi connotati stilistici ma che necessita di essere rivissuta per essere adeguatamente compresa. Quest’anno, l’attenzione è stata indirizzata verso Pierre Boulez, nel centenario della nascita: noto ai più come direttore d’orchestra, Boulez è stato anche compositore, teorico, organizzatore musicale animato dallo spirito d’avanguardia e dalla volontà di ricerca (negli anni Settanta, a Parigi fondò l’IRCAM, centro fra i più noti dedicato alla sperimentazione).
International Festival
Del musicista francese, la Chigiana propone nel suo International Festival ben 18 composizioni, e a lui rimanda l’intera programmazione concertistica estiva: il titolo che la raccoglie è Derive, con riferimento esplicito a due lavori strumentali di Boulez, ma che nella sua accezione in italiano vuole indicare un percorso artistico. «La musica di ogni tempo, di Bach e Beethoven, di Berio e Boulez, nasce senza sapere quale sarà la sua deriva, la sua destinazione nel tempo», dice Sani. Per questo, all’interno del denso calendario chigiano (100 manifestazioni, distribuite in 2 mesi) i concerti tracciano diversi percorsi, ciascuno dei quali cerca di individuare quale possa essere l’approdo, oggi, di quelle derive.
Già il concerto inaugurale del Chigiana International Festival, nel Teatro dei Rinnovati che declina su Piazza del Campo, ha dichiarato l’omaggio a Boulez, con la proposta di Cummings ist der Dichter. È un breve brano scritto nel 1970 e rivisto nel 1986, su parole di una poesia dello scrittore statunitense Edward Estlin Cummings. Parole da lui frammentate, sottoposte a giochi tipografici, e che Boulez trasforma in suoni astratti, in movimento, in un’esperienza fisica: un caleidoscopio ipnotico, che il direttore Marco Angius, alcuni musicisti dell’Orchestra della Toscana, e, soprattutto, il Coro “Guido Chigi Saracini”, ben istruito da Lorenzo Donati, restituiscono con puntualità al suo enigmatico, visionario significato. A seguire, la Sinfonia n. 6 di Mahler, a ricordarci che Boulez di Mahler è stato interprete convinto, anche se non del tutto rivelatore di quel mondo. La più tragica e, in fondo, la più autobiografica sinfonia di Mahler, è stata presentata in una versione dall’organico assai alleggerito curata da Klaus Simon: funziona per apprezzare i momenti dove la scrittura di Mahler si fa più cameristica, ma talvolta (come nel Finale) fa rimpiangere l’eloquio sonoro più potente dell’originale. I dubbi passano però in second’ordine di fronte al pieno coinvolgimento garantito dalla lettura mozzafiato di Angius, fatta di tempi serrati, cura dei dettagli nei dialoghi strumentali, un’asciuttezza di tratti (proprio à la manière de Boulez, verrebbe da dire) che la rendono come un’incisione a punta secca. Affiorano presagi novecenteschi, e che in particolare annunciano Stravinskij, in questa Sesta incalzante e trasparentissima, e che, oltretutto, mette in luce la bella tenuta d’insieme e la convinta partecipazione di un’Orchestra della Toscana in piena forma.
Chigiana International Festival, fino al 2 settembre
Fonte: Il Sole 24 Ore