La crisi socio-economica aumenta il rischio eversione, misure cautelari per gruppi dell’ultra destra

Il particolare momento storico, caratterizzato da difficoltà socio-economiche accentua il rischio eversione. Una considerazione che, incrociata con altri elementi, ha indotto il Tribunale del riesame di Roma a respingere il ricorso, di un presunto militante dell’associazione di estrema destra Unione Forze Identitarie, contro la misura cautelare dell’obbligo di dimora. A carico dell’indagato, per i reati di istigazione all’odio razziale e partecipazione ad un’associazione eversiva, messaggi scambiati dal ricorrente con altri membri del gruppo il cui leader, aveva fissato in periodo compreso tra il 2022 e il 2023 il momento utile per rovesciare le istituzioni e instaurare un nuovo governo che avrebbe operato attraverso articolazioni territoriali. Per i giudici del riesame le misure cautelari, sebbene l’indagato non fosse un soggetto di primo piano del gruppo nazifascista, si giustificano proprio con l’esigenza di prevenire il rischio che venisse attuato il progetto eversivo, in vista del quale erano state acquisite anche delle armi.

La crisi socio-economica

Un pericolo reso più evidente anche dalla «peculiarità del momento storico, caratterizzato -avevano sottolineato i giudici – da difficoltà socio economiche». A pesare erano state anche manifestazioni di piazza degenerate in sconti e l’approssimarsi del D-day fissato dal numero uno dell’Ufi. Un’associazione caratterizzata «da vocazione ideologica di estrema destra, volta non solo ad azioni eversive – si legge nella sentenza – ma anche alla propaganda di idee xenofobe ed antisemite, oltre che all’incitamento, alla discriminazione razziale, etnica e religiosa, con particolare attivismo nella divulgazione di idee di contenuto suprematista della razza bianca, di xenofobia e negazionismo della Shoah».

L’odio razziale

Quanto all’antisemitismo il Riesame aveva individuato alcuni interventi nei quali il ricorrente esprimeva le proprie idee antisemite. Convinzioni che certo non rientrano nella libera manifestazione delle proprie opinioni ma si inquadrano nell’incitamento all’odio razziale. Una propaganda on line in grado di raggiungere un numero indeterminato di persone. Tanto basta alla Cassazione per respingere il ricorso.

Fonte: Il Sole 24 Ore