
La fortuna del mito di Eco, voce interiore cara ai poeti
Libro singolare che apre la collana diretta dal M.o Colazzo. Quel che è nuovo è il tema del gioco letterario che usa gli strumenti della creazione letteraria per comunicarne un senso opposto/differente dal normativo. Dire una cosa per un’altra, apparentemente in un discorso normale. Una scorsa ai saggi. In quello iniziale eponimo, Eco emblematizza il gioco letterario appena descritto. Vi si ricostruisce la storia della fortuna del mito di Eco che, per Cherchi, diventa «indipendente» da quello di Narciso, grazie all’uso fattone da Petrarca per spiegare la «voce interiore» che dialoga con lui. E da allora Eco diventa una presenza costante nella poesia occidentale, fino al periodo romantico, per poi tornare nel secondo ‘900. In questa traiettoria ci si sofferma sui predicatori barocchi che studiano il fenomeno della voce di una persona che non si vede (simile in questo alla voce di Dio) e rilevano il paradosso del mito della ninfa incorporea, senza parole sue, ripetente solo le ultime parole altrui.
Ricostruzione splendida
Ricostruzione splendida della storia di questo mito: ripetizione fatta di intelligenza del modo in cui vivono, si formano, e si trasformano le idee. “Due giochi di retrogradazione” verte sulla lettura di un testo dalla fine all’inizio. Si richiede una grande arte per creare testi rovesciabili e coerenti con significato opposto all’originario. Diverso è il gioco di mettere in figura messaggi, tra versi e pittura: come ne “L’Epitaffio mediterraneo di Adone”. Riguarda l’episodio della periegesi di Venere (canto XVII) nell’Adone del Marino. La dea, mentre naviga da Cipro a Citera, apprende che Adone è stato ferito e che può salvarlo solo un’erba in possesso del semidio Glauco che sta nel Mar Morto. Le navigazioni per poi raggiungerlo in Sicilia, tracciano una linea che si configura coma un’ A maiuscola che è l’iniziale di Adone. È l’epitaffio del giovinetto inscritto sul Mediterraneo, sola tomba degna della sua grandezza. È il gioco del carme figurato, la cui ricostruzione è frutto dell’ingegno del lettore Cherchi. “Il sonetto petrarchesco dello specchio: un carme figurato?” amplia la visione a riguardo e, per la prima volta nella storia della critica, Lo specchio (sonetto 360 del Canzoniere) rivela la sua natura figurato grazie alla lettura serrata e persuasiva di Cherchi. Segue “De aetatibus mundi et hominis“ del mitografo Fulgenzio, nella cui prosa si analizza l’uso del lipogramma (soppressione di una lettera dell’alfabeto per ogni capitolo). Come sempre il «gioco formale» nasconde messaggi complessi, non visibili a chi legge «alla lettera».
“Onomastica e cromatismo nell’ultimo canto dell’Adone”, analizza l’uso del colore e dei nomi come segno di comunicazione nella parte dei giochi funebri per Adone. In “Isopsefi e profezia: il gioco dei numeri” abbiamo l’isopsefia (attribuire un valore numerico alle lettere dell’alfabeto), per cui se due nomi diversi hanno un toto uguale si creano messaggi segreti, sensi allegorici, codici cifrati. “Brevità, oscurità, sinchesi ne El conde Lucanor di Juan Manuel” è sulla sinchisi (iperbaton eccessivo), presente in una sezione di un capolavoro della narrativa spagnola medievale. Questo gioco stravolge i testi, crea effetti ridicoli e di nonsense. Infine, “Furti, furterelli, espropri. Aneddoti di cleptocritica” è sul gioco serio del plagio. Il fenomeno, trattato con sapienza e leggerezza narrativa, pone problemi etici e giuridici tuttora di grande attualità. Leggere Cherchi è un’esperienza che si consiglia a tutti: profonda, arricchente, divertente. Il libro è vincitore del Premio Letterario Nazionale Forum Traiani 2025 per la saggistica.
Paolo Cherchi
Le meraviglie di Eco
Milella, Collana Risonanze, Lecce, 2024, pp. 266
Fonte: Il Sole 24 Ore