
La Grande Paura del 1789 come un’epidemia: quando la storia diventa scienza dei dati
Nell’estate del 1789, mentre Parigi e la Francia erano travolte dall’onda lunga della Rivoluzione, nelle campagne si diffuse un fenomeno misterioso e inquietante: la Grande Paura. Tra il 20 luglio e il 6 agosto, voci insistenti su bande armate, complotti aristocratici e possibili repressioni scatenarono il panico in decine di province francesi. I contadini, temendo per la propria vita, imbracciarono le armi, assaltarono castelli, incendiarono archivi e distrussero i registri che sancivano i privilegi feudali.
Questo episodio, a lungo interpretato dagli storici come una sorta di isteria collettiva, viene oggi reinterpretato grazie a uno studio innovativo pubblicato su Nature. Un gruppo di ricercatori dell’Università Statale di Milano, dell’Université Paris 8 e dell’Università di Tolone ha analizzato il fenomeno con strumenti inusuali per la storiografia: i modelli epidemiologici.
Una rete di strade come veicolo di contagio sociale
«Abbiamo trattato la diffusione della paura come fosse un’epidemia» spiega Stefano Zapperi, fisico e coautore dello studio . Utilizzando modelli matematici comunemente impiegati nello studio delle malattie infettive, i ricercatori hanno mappato l’avanzata del panico attraverso le campagne francesi.
Incrociando fonti storiche, mappe dell’epoca e dati socioeconomici (prezzo del grano, alfabetizzazione, distribuzione della proprietà terriera), il team ha ricostruito il percorso delle voci: queste viaggiavano lungo le strade principali, toccavano i villaggi collegati da stazioni postali e avanzavano a una velocità media di 45 km al giorno. Il picco di “contagio” si verificò il 30 luglio 1789, pochi giorni prima che l’Assemblea Nazionale decretasse la fine dei privilegi feudali, il 4 agosto.
Sorprendentemente, circa il 40% dei luoghi coinvolti era situato in prossimità di una stazione di posta, evidenziando quanto le infrastrutture di comunicazione dell’epoca abbiano funzionato come veri e propri “social network” ante litteram.
Fonte: Il Sole 24 Ore