La guerra fredda tra bot e creator per conquistare il cuore dei clienti
«I computer sono incredibilmente veloci, accurati e stupidi. Gli uomini sono incredibilmente lenti, inaccurati e intelligenti. L’insieme dei due costituisce una forza incalcolabile». È una frase attribuita a una delle figure più iconiche sull’intelligenza umana, tra le prime ad essere clonata da quella artificiale. Un ennesimo paradosso nell’equilibrio tra macchine e persone. Così Albert Einstein, protagonista della fortunata serie Genius trasmessa nella sua prima stagione otto anni fa dal National Geographic in America, è diventato uno dei primi bot a prendere forma e voce, rispondendo alle domande degli utenti, dalla sua vita alle sue idee. Einstein Bot è tra le prime campagne internazionali di marketing agentico, prima ancora che si definisse tale. Il bot è stato lanciato prima della premiere come strategia promozionale. A svilupparlo la startup di character-based bots Imperson.
A distanza di anni, le traiettorie sono più delineate: la creator economy deve fare i conti con la crescita esponenziale dell’intelligenza artificiale agentica. Gartner segnala che entro il 2028 il 33% del software includerà agenti con successiva ondata di agent-washing: tanti strumenti si definiscono tali senza esserlo per davvero e oltre il 40% dei progetti agentici saranno abbandonati nei prossimi anni, come ha scritto Reuters. Intanto le raccomandazioni degli agenti potrebbero minare alla radice i consigli dei creator per una generazione anagraficamente trasversale che vive certamente di contenuti di entertainment, ma sempre più anche di consulenza. Ma una cosa è certa: nel marketing esperienziale nasce l’economia della raccomandazione continua per conversazioni che convertono. Non si tratta più di catturare uno sguardo, bensì di abilitare una scelta. «La creator economy sta vivendo una fase di forte consolidamento come industria. I brand hanno compreso che l’influencer marketing non è più un’azione tattica, ma un asset strategico del media mix, capace di creare ponti autentici tra brand e community. Parallelamente cresce finalmente l’attenzione verso norme, trasparenza e tutele, segno di un mercato in piena maturazione», afferma Luca Leoni, fondatore e Ceo della digital media company Show Reel Media Group.
La nuova guerra fredda
Ma oggi a che punto siamo nella battaglia per l’attenzione intrapresa da agenti in bot e creator in carne e ossa? «Stiamo vivendo una vera guerra fredda dell’intelligenza artificiale, con i grandi player tecnologici impegnati in una corsa all’innovazione che ridisegna ogni giorno gli equilibri digitali. L’Ai consente ai creator di potenziare la fase creativa e leggere meglio dati e insight. Ma non servono più contenuti: serve che quei contenuti mantengano valore e autenticità in un ecosistema dove aumenta il rischio che si moltiplichino in modo dispersivo contenuti senza controllo. L’Ai resta un alleato straordinario, se messa al servizio delle idee, non al posto di chi le crea», precisa Leoni.
Campagne ibride
Intanto le sperimentazioni si moltiplicano in un asse che mette assieme macchine e persone. I segnali si moltiplicano. Amazon ha lanciato Rufus, assistente conversazionale integrato nell’app che trasforma lo shopping in dialogo. Non ti mostra solo prodotti, ma li confronta, li spiega e li racconta come farebbe un creator esperto. TikTok ha risposto con Symphony, suite che genera video, voci, avatar e creatività a partire da un brief. LuisaViaRoma l’ha già sperimentata per moltiplicare la produzione di contenuti fashion personalizzati. Shopify con Sidekick ha portato l’agente direttamente nei negozi digitali: suggerisce strategie di prezzo, copy per le campagne, ottimizzazioni in tempo reale. Per i brand nella nuova creator economy segnata dall’intelligenza artificiale ibridare i modelli sembra essere la via maestra. Nike nella campagna Never Done Evolving con Serena Williams ha usato tecniche Ai per ricreare un match virtuale tra la campionessa alle prime armi e quella pluripremiata. In Germania Vodafone ha sperimentato un influencer generato da Ai in un annuncio TikTok, facendo emergere reazioni contrastanti perché alcune caratteristiche apparivano innaturali. Heinz ha utilizzato la generativa per creare immagini surreali intorno al proprio prodotto. H&M ha scelto un modello embrionale di digital twins per le proprie campagne: così elementi umani e virtuali hanno sfilato assieme. E ancora Netflix con El Bot ha promosso il mondo distopico di Stranger Things.
Oltre gli schermi
In fondo gli agenti di intelligenza artificiale stanno cambiando il modo in cui le persone fanno acquisti, come ha scritto l’HBR e man mano che le persone affideranno sempre di più la ricerca dei propri acquisti ad agenti, i brand dovranno necessariamente rendere le offerte machine-readable, ossia “leggibili” dalla macchina. Per Deloitte l’interesse è altissimo, ma i colli di bottiglia sono qualità dei dati e sicurezza. E allora: chi dominerà il nuovo agone digitale che dai social si espande all’intelligenza artificiale?
Fonte: Il Sole 24 Ore