
«La luce nella crepa»: il cortometraggio che dà voce ai caregiver, eroi silenziosi
Una breve vacanza alle terme, pensata per regalare un po’ di sollievo, si trasforma in un percorso emotivo che scava nel legame tra due sorelle, tra amore e fatica, tra malattia e resilienza. È la storia di Luisa e Carla, liberamente ispirata a una vicenda reale, che prende vita nel cortometraggio “La luce nella crepa”, presentato in anteprima internazionale alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Venice Production Bridge.
Luisa ha dedicato la sua vita a prendersi cura di Carla, malata di tumore al seno. Dopo un ciclo di terapie estenuanti, decide di convincerla a trascorrere qualche giorno alle terme, sperando in una tregua dalla fatica quotidiana. Ma la breve vacanza si trasforma in una corsa a ostacoli: burocrazia, tensioni, incomprensioni mettono alla prova il loro rapporto, rivelando quanto il ruolo del caregiver sia fatto di amore, ma anche di isolamento, stress e senso di impotenza. È attraverso queste crepe che, nel corto, entra la luce: uno spiraglio di speranza e resilienza che diventa il cuore della narrazione.
Con la regia di Anselma Dell’Olio e la sceneggiatura di Manuela Jael Procaccia, il corto ideato da Salute Donna Odv vuole accendere un faro sulla figura dei caregiver: oltre 7 milioni di persone in Italia che ogni giorno assistono un familiare malato, spesso nell’ombra. “Perché c’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce”, recita il titolo, citazione che diventa dichiarazione di intenti.
La voce di chi ha ispirato la storia
Dietro questo progetto c’è Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna Odv e coordinatrice del Gruppo «La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere». La vicenda narrata nel corto è ispirata alla sua esperienza di caregiver per il fratello Tonino: «Il caregiver sopporta un carico di lavoro fisico ed emotivo ad alto tasso di stress, che in certi momenti può diventare insostenibile. Chi si prende cura di un familiare malato entra in un tunnel che può durare anni. È importante chiedere aiuto, dare spazio alle proprie necessità, e trovare la bellezza e l’amore nonostante tutto e la malattia».
Il cinema come strumento di empatia
Dell’Olio, regista, giornalista e storica femminista, ha trasformato l’esperienza personale di Mancuso in un racconto che punta al cuore: «L’incontro con Annamaria è stato uno di quei momenti di sincronicità che resterà segnato nella mia storia personale. Ho tentato, grazie a interpreti straordinari e una troupe motivata, di dare voce e dignità al caregiver, trasformandolo da presenza marginale a protagonista di una narrazione profonda e autentica, quella che nasce dal dolore della malattia e dalla perdita, ma prova a rinascere più vigorosa di prima».
Fonte: Il Sole 24 Ore