La nuova energia passa dalla logistica: uno sguardo all’ultimo numero di WE, il magazine di Eni

La nuova energia passa dalla logistica: uno sguardo all’ultimo numero di WE, il magazine di Eni

“Chi controlla l’energia – o il passaggio della sua distribuzione – detta l’agenda internazionale” scrive Rita Lofano (direttrice dell’Agenzia giornalistica Italia) nell’editoriale che apre l’ultima uscita di WE – World Energy, la rivista di Eni dedicata al mondo dell’energia. Il numero di luglio, intitolato Checkpoint Energy, racconta il ruolo delle infrastrutture logistiche nel ridisegnare gli equilibri globali. Arrivato alla 65ª edizione, WE esce ogni tre mesi ed è liberamente consultabile online, sia in italiano che in inglese.

Non siamo più nel “mondo piatto” della globalizzazione, spiega più avanti Francesco Gattei (Chief Transition e Financial Officer di Eni): per trent’anni l’interdipendenza economica è sembrata sufficiente a ridurre i conflitti e conciliare modelli economici e sociali diversi, in un gioco da cui tutti potevano uscire vincitori. Oggi questo ottimismo sta venendo meno, col ritorno del protezionismo commerciale e del clima di sospetto tipico del Novecento. La politica energetica sta tornando a essere una questione di sicurezza. Non basta più controllare le risorse: l’obiettivo è dominare l’intera filiera, dalla produzione alla distribuzione.

Usa e Cina ridisegnano la mappa energetica globale, mentre l’Europa resta indietro

La strategia energetica americana è cambiata radicalmente negli ultimi anni, come descrive Ben Cahill (esperto di mercati e politiche energetiche dell’Università del Texas ad Austin). Negli ultimi dieci anni, gli Stati Uniti sono diventati prima i principali esportatori di petrolio, poi di gas naturale. L’enfasi si è spostata dall’accesso alle risorse alla costruzione di nuove infrastrutture, necessarie per sostenere la crescente domanda interna e gli ambiziosi obiettivi nell’export. Washington punta a presentarsi come un fornitore affidabile per gli alleati, che dovranno riorientare le proprie reti per ricevere l’energia americana. I terminali per il gas naturale lungo la costa atlantica, ad esempio, sono una leva per rafforzare l’influenza in Europa e ridurne la dipendenza dalla Russia.

Anche la Cina sta cercando di rafforzare i collegamenti con il continente europeo, tracciando una moderna Via della seta verde. Li Lifan (direttore del Centro studi di Shanghai per l’organizzazione e la cooperazione) analizza l’iniziativa Belt and Road: il progetto, attraverso massicci investimenti, punta a creare nuovi corridoi energetici via terra, capaci di aggirare le rotte controllate dagli Stati Uniti. Per costruire un ordine logistico alternativo a quello atlantico, Pechino sta puntando su elettrificazione e tecnologie verdi. La transizione energetica, accelerata dagli obiettivi climatici globali, offre l’opportunità di ribaltare i rapporti di forza ereditati dall’era del petrolio. La Cina si è preparata con largo anticipo, dotandosi di una rete di distribuzione tra le più avanzate al mondo, capace di spostare grandi quantità di energia rinnovabile dalle regioni periferiche ai poli industriali.

L’Europa, invece, resta stretta tra le due superpotenze in una posizione più delicata. La guerra in Ucraina ha messo in luce le vulnerabilità del suo sistema energetico, che partono dalle reti di distribuzione: il 40% ha oltre quarant’anni, e l’intero apparato è considerato obsoleto e poco interconnesso. Progettato per generare energia da combustibili fossili, oggi fatica ad adattarsi alle fonti rinnovabili. Il conflitto ha avuto anche qualche ricaduta positiva, spingendo a pianificare investimenti massicci: nel 2023, la Commissione europea ha avviato il Piano d’azione per le reti, stanziando 584 miliardi entro il 2030, in gran parte destinati a rinnovo e digitalizzazione.

Le reti del futuro, tra crisi climatica e boom dell’IA

La maggior parte delle infrastrutture energetiche, progettate per un clima simile a quello dei decenni passati, non è preparata ad affrontare gli eventi meteorologici estremi, sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico. Le minacce non arrivano solo da precipitazioni torrenziali e ondate di calore: le mareggiate sempre più violente, dovute al riscaldamento degli oceani, danneggiano gli impianti costieri e sottomarini, mentre la crescente acidificazione delle acque accelera la corrosione di cavi e condotte. Nei prossimi decenni l’Europa dovrà affrontare un aumento dei danni legati al clima, osservano Margherita Bianchi e Alessio Sangiorgio, ricercatori dell’Istituto affari internazionali. Nonostante alcuni progressi – come la Strategia UE sull’adattamento climatico (2021) e la Direttiva sulla resilienza delle entità critiche (2023) – siamo ancora lontani da soluzioni adeguate, soprattutto a causa dello scarso coordinamento tra gli Stati membri.

A mettere sotto pressione il settore energetico c’è anche l’intelligenza artificiale, che pesa sempre di più sui consumi globali: i data center di tutto il mondo assorbono già più elettricità di paesi come Germania o Francia, e il loro fabbisogno potrebbe triplicare entro il 2030. Il problema riguarda anche la gestione della domanda, sempre più concentrata attorno ai data center, con picchi improvvisi che mettono sotto pressione le reti locali, progettate per flussi più stabili. Secondo gli analisti dell’Agenzia internazionale dell’energia Thomas Spencer e Siddarth Singh, agli occhi dei governi nazionali la capacità di calcolo sta assumendo un ruolo strategico crescente per la sicurezza e la competitività economica. Anche i paesi con obiettivi climatici ambiziosi stanno tornando ad affidarsi alle fonti fossili, mentre la crescente domanda di minerali critici per i chip avanzati rischia di alimentare nuove tensioni geopolitiche.

Dai contributi di questo numero di WE, firmati da esperti provenienti dal mondo accademico, industriale e istituzionale, emerge come la logistica dell’energia sia ormai centrale per capire come sta cambiando il mondo. Che si tratti di nuovi equilibri globali, transizione verde o innovazione tecnologica, sarà anche la qualità delle infrastrutture a stabilire chi guiderà il cambiamento e chi lo subirà.
(Sfoglia l’ultimo numero di We)

Fonte: Il Sole 24 Ore