
La nuova vita del lino europeo fra innovazione e sostenibilità
Dalla nostra inviata – SAINT-PIERRE-LE-VIGER (NORMANDIA)
L’evento più atteso è lo spettacolo circense su corde di lino della compagnia Appese, che stasera, nel seicentesco Château de Silleron, aprirà la nuova edizione del Festival du Lin et de la Fibre Artistique, da oggi e fino a domenica in dieci comuni del distretto della Seine-Maritime. Si organizza dal 2001 per far conoscere e apprezzare la pianta storicamente coltivata in questa regione della Normandia, la prima produttrice di lino di alta qualità del pianeta.La sua fibra tessile è la più antica utilizzata dall’umanità (alcuni frammenti trovati in Georgia risalgono a 36mila anni fa); attraversando la storia del Mediterraneo, ha trovato in Francia la sua patria d’elezione, anche grazie a Carlo Magno, che nel 789 impose a ogni famiglia del Paese di avere gli strumenti per tesserla.
E anche se oggi, secondo Textile Exchange, costituisce appena lo 0,5% delle fibre (il poliestere domina con il 57%), sta conoscendo un rinnovato, diffuso successo grazie alla richiesta di un’industria della moda affamata di materiali sempre più sostenibili e tracciabili.Fra il 2014 e il 2024 in Europa i terreni coltivati a lino sono aumentati del 128% e la produzione è raddoppiata a 200mila tonnellate. Il lino non ha bisogno di irrigazione né di pesticidi, la sua lavorazione non conosce chimica di sintesi e ogni scarto viene riutilizzato, dall’edilizia alla zootecnia. Anche la banconota da un dollaro statunitense è composta al 25% da fibre di lino. Perché con i suoi delicati fiori azzurri, che in quest’area a 10 km dalla Manica ondeggiano come un altro mare vegetale, la pianta del lino è forte e tenace. Gli alti steli sono croccanti sotto i passi di chi visita i campi distesi in un’orizzontalità quasi senza confini, interrotta solo da campanili e querce.
«Questo lino è il migliore del mondo – spiega accarezzando le piante Thierry Goujon, direttore generale della cooperativa Terre de Lin, la più grande produttrice di lino europeo, nata nel 1940 e che oggi riunisce 780 aziende –. Il suolo è ottimale, le lunghe radici della pianta possono scendere anche di un metro. Il clima è perfetto, abbiamo l’umidità che occorre. Così riusciamo a ottenere fibre molto lunghe e di ottima qualità, le più preziose e ricercate». Il lino si estirpa in estate e si lascia a macerare sul terreno fino a metà settembre, quando gli steli si raccolgono per passare alle fasi di stigliatura (la separazione delle fibre dal nucleo legnoso degli steli) e pettinatura.
Mai termine dell’universo tessile fu più adatto a parlare di lino, visto che la fibra lavorata sembra un ammasso di folti capelli biondi (“I suoi capelli erano più biondi del lino”, scrive nel Trecento Jean Froissart in L’Espinette amoureuse). «Anche se c’è molta ricerca e tecnologia, la produzione è un’arte molto antica, che richiede tanta sensibilità negli agricoltori», aggiunge Goujon. Dal campo ci spostiamo nell’impianto industriale di Terre de Lin, a Saint-Pierre-le-Viger, villaggio di 290 abitanti attraversato dal torrente Dun, che sembra uscito da una fiaba di Perrault. Goujon prende una matassa di fibra pettinata e vi passa attraverso le dita: «È così che capiamo la qualità e la finezza, è qualcosa che si impara con il tempo e che vogliamo tramandare».
Fonte: Il Sole 24 Ore