La partita di Netflix: margini e flussi di cassa sotto la lente del mercato

La partita di Netflix: margini e flussi di cassa sotto la lente del mercato

Il gruppo, va ricordato, è stato contraddistinto da ricavi (11,079 miliardi ) in rialzo del 15,9% rispetto allo stesso periodo del 2024. Inoltre l’utile netto è salito a 3,125 miliardi (2,147 quelli di un anno prima). Dunque: conti in crescita. Pure apprezzando i numeri gli esperti, però, hanno, in primis, focalizzato l’ attenzione sul giro d’affari. In particolare è stato fatto notare come la prima riga di bilancio si regga su tre leve principali: aumenti di prezzo, introduzione della pubblicità e stabilizzazione della base abbonati (dopo l’ incremento in scia al giro di vite sulla condivisione delle password). Tutte leve solide ma – è l’obiezione – non infinite: i prezzi, ad esempio, non possono essere alzati in continuazione, senza che si creino rischi sul tasso di abbandono degli utenti.

Le considerazioni dell’azienda

Netflix rigetta i timori. Il management ha spiegato che i ricavi approfittano di mix equilibrato: da un lato, l’aumento degli abbonamenti prosegue contestualmente alla penetrazione della pubblicità; dall’altro la strategia di pricing non ha – finora- portato alcun rialzo anomalo nel “churn rate”. In particolare, la società ha insistito sul contributo dell’advertising: la Netflix Ads Suite è ormai operativa e il giro d’affari della pubblicità sta raddoppiando anno su anno, superando le previsioni formulate a inizio 2025.Insomma: si tratta di un fattore di lungo, e non di breve periodo.

Ciò detto, però, è stato ulteriormente obiettato che l’elevata spesa in contenuti originali (nel 2025 rimane attorno ai 18 miliardi) costituisce un rischio. Alcuni esperti hanno espresso il timore che un simile livello d’investimenti possa comprimere i margini se i nuovi titoli non genereranno un “engagement” sufficiente. Di nuovo Netflix ha affermato di non condividere la perplessità. Dapprima, è l’indicazione, viene ricorcordata la diversificazione di portafoglio: il gruppo produce e distribuisce ogni anno molteplici titoli, in differenti generi e lingue, con un peso non indifferente di produzioni locali (cosiddetto “local for local”). L’approccio, spiega sempre la società, riduce la dipendenza da singoli successi (globali o meno). Tanto che, anche le produzioni più guardate, rappresentano meno dell’1 % del totale delle ore viste nella finestra di tempo considerata. Non solo. La multinazionale dello streaming afferma che gli investimenti – seppure elevati – non devono considerarsi quale spesa a fondo perduto. Bensì, come costruzione di un catalogo sempre più ricco e di proprietà, che genera ritorni nel tempo. Netflix, infatti, fa notare che le produzioni originali hanno una vita lunga sulla piattaforma, alimentano le raccomandazioni e possono essere sfruttati anche per altri formati, come ad esempio giochi o prodotti derivati.

La concorrenza

Infine: la competizione. Gli analisti del settore hanno ribadito il tema della sempre maggiore concorrenza. Una sfida la quale viene portata non solo dai rivali tradizionali come Disney+, Prime Video e Apple TV+, ma anche da piattaforme quali YouTube, TikTok o servizi gratuiti con pubblicità che sottraggono tempo di attenzione agli utenti. La società, pure ammettendo i pericoli che arrivano da una competizione così serrata, indica di essere in grado di gestire la situazione. Non solo perché, da un lato, la sua crescita è sostenuta – per l’appunto – da nuovi utenti, pubblicità, qualità dei prodotti e scala globale dell’offerta; ma anche perché -unitamente all’abilità di gestire i big data riguardanti la clientela- c’è ancora «circa l’80% della quota Tv che né la stessa Netflix né YouTube possiedono». Detto diversamente: esiste un importante spazio – occupato adesso ad esempio dalla tv lineare – che può essere conquistato.

Multipli sul mercato

Già, conquistato. Ma, a fronte di simili considerazioni, quali sono le dinamiche dei multipli del titolo in Borsa? Secondo Seeking Alpha, da una parte il P/e non GAAP forward è 44,1 (14,3 la media del comparto di riferimento); dall’altra, il PEG non GAAP forward è di 1,85 volte (1,49 quello di confronto). Il Price to cash flow forward, dal canto suo, è di 52,3 a fronte del valore di confronto di 8,23. In un simile contesto Seeking Alpha, dapprima, indica che la valutazione «è particolarmente elevata» e poi rimarca come «il momentum sia notevole: la performance a un anno è stata in rialzo di circa il 68%, superando di gran lunga il settore». Insomma, il risparmiatore fai-da-te, come di consueto, deve muoversi con molta cautela, considerando sempre la propria propensione al rischio.

Fonte: Il Sole 24 Ore