
La pillola anti-obesità è più vicina: duello tra Lilly e Novo
Dopo il successo delle iniezioni anti-obesità, la sfida si sposta sulle pillole. Eli Lilly e Novo Nordisk, i due colossi che hanno aperto la strada con i farmaci agonisti del recettore Glp-1, ora puntano su formulazioni orali giornaliere, considerate il vero “Santo Graal” del settore: più facili da assumere, conservare e distribuire, con il potenziale di raggiungere un numero molto più ampio di pazienti.
Orforglipron, l’arma di Lilly
I risultati completi dello studio di fase 3 AttainN-1, pubblicati sul New England Journal of Medicine e presentati al congresso Easd a Vienna – uno dei più grandi congressi al mondo dedicati al diabete – mostrano che la pillola sperimentale orforglipron ha ridotto in media del 12,4% il peso corporeo in 72 settimane. Quasi il 40% dei pazienti trattati con la dose più alta ha perso almeno il 15% del proprio peso. Benefici significativi sono stati osservati anche su circonferenza vita, glicemia e altri parametri cardiometabolici.
Lilly ha anche diffuso i risultati del trial Achieve-3, che ha messo a confronto diretto orforglipron e semaglutide orale: il suo candidato si è dimostrato superiore sia nel controllo glicemico sia nella riduzione del peso nei pazienti con diabete di tipo 2.
La risposta di Novo Nordisk
La casa danese non resta a guardare. Con lo studio Oasis-4, sempre pubblicato sul New England Journal of Medicine, Novo Nordisk ha presentato i dati della sua compressa da 25 mg di semaglutide orale. In 64 settimane, i pazienti hanno perso in media il 16,6% del peso, con oltre un terzo che ha superato il traguardo del -20%. Risultati paragonabili a quelli della versione iniettabile, che negli ultimi anni ha conquistato il mercato globale.
Non solo. Ulteriori studi confermano l’efficacia di semaglutide anche sul fronte cardiovascolare e psicologico: riduzione significativa del rischio di infarto, ictus e morte, ma anche miglioramento del benessere mentale grazie al calo del cosiddetto food noise, i pensieri ossessivi legati al cibo.
Fonte: Il Sole 24 Ore