La Puglia di fronte alla sfida della riconversione
L’avvicinarsi delle elezioni regionali suggerisce di condurre un’analisi delle trasformazioni e delle criticità dell’economia pugliese, proponendo un’agenda di priorità per il futuro. È quanto proponiamo nel Manifesto per la Crescita della Puglia (prossimo Policy Brief della Fondazione Merita in collaborazione con l’Istituto Universitario Europeo), di cui questa nota fornisce una sintesi (come anticipato da Buti e De Vincenti sul Sole 24 ore del 18 settembre scorso).
La Puglia esce dal doppio shock della crisi finanziaria e della pandemia con una crescita economica significativa: dal 2015 al 2023 il Pil pro-capite aumenta di quasi il 13%, più della media nazionale e del Mezzogiorno, mentre il tasso di disoccupazione e quello dei Neet si riducono in maniera sostanziale.
Tuttavia, questa dinamica macroeconomica poggia su basi fragili: la produttività del lavoro è stagnante e la crescita occupazionale è concentrata in settori a basso valore aggiunto, come turismo, commercio e ristorazione, a scapito dell’industria manifatturiera.
Il valore aggiunto per ora lavorata nell’insieme dell’economia regionale rimane vicino ai livelli di inizio secolo ed ha perso nel confronto con l’Italia e anche della ripartizione meridionale, nonostante la forte ripresa degli ultimi anni. Si tratta di un gap apertosi nel triennio 2005-2008 e mai colmato successivamente. Le cause di questo peggioramento comparativo della produttività sono da ricercarsi principalmente nel cambiamento della struttura produttiva della Regione.
Dal 2004 a oggi il commercio e il turismo guadagnano sei punti percentuali in quota del valore aggiunto regionale, mentre l’industria in senso stretto perde tre punti. Gli investimenti fissi lordi, pur soddisfacenti in aggregato, restano tuttora inferiori ai livelli di venticinque anni fa nel comparto industriale, nonostante un parziale recupero recente. Le esportazioni crescono meno che nel resto del Paese e del Mezzogiorno, con una preoccupante contrazione nel 2024-25. L’indebolimento della struttura produttiva e l’insufficienza degli investimenti industriali si riflettono sui salari, che per l’economia pugliese nel suo insieme perdono dal 2010 al 2023 circa il 10% in termini reali. Parallelamente, il capitale umano resta un grave punto debole anche rispetto alla media del meridione: solo un giovane su quattro (24,4%) tra i 25 e i 34 anni è laureato, e il saldo migratorio studentesco è fortemente negativo.
Fonte: Il Sole 24 Ore