«La ricetta di Trump è sbagliata» La globalizzazione? «Continuerà»

«La ricetta di Trump è sbagliata» La globalizzazione? «Continuerà»

«La globalizzazione è da tempo messa in discussione. Nei decenni ha scatenato grandi cambiamenti a livello economico, ma ha anche consentito di aumentare la prosperità dei cittadini e dei Paesi più poveri del mondo. La globalizzazione ha prodotto più pro che contro. Io mi aspetto dunque che continuerà: i grandi partner considereranno questa strada giusta, anche Trump». Jean-Claude Trichet, ex presidente dalla Banca centrale europea, non si tira indietro di fronte al fiume di domande arrivate dai giovani di tutta Europa durante lo Young Factor 2025, evento organizzato dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori in partnership con Intesa Sanpaolo e iniziato ieri a Milano nella sede di Borsa Italiana. E ragiona, insieme a tutti coloro che si sono susseguiti sul palco, sui grandi temi del momento: guerre, globalizzazione, dazi. Europa. E soprattutto giovani.

«Trump ha fatto una promessa al suo elettorato: difendere gli operai statunitensi – osserva Trichet -. I lavoratori Usa hanno subito l’impatto derivante dalla globalizzazione, dalla digitalizzazione e dai grandi cambiamenti degli ultimi decenni. Lui ha promesso di tutelarli e ora deve mantenere queste promesse. D’altro canto, però, lo stesso Trump è pragmatico: lui prima agisce in modo istintivo, poi quando vede gli effetti di quello che fa, muove un passo indietro». «Il Presidente Trump cerca di sistemare i grandi squilibri degli Stati Uniti, ma le sue ricette sono sbagliate – aggiunge Mário Centeno, Governatore del Banco de Portugal -. La crescita degli Stati Uniti negli ultimi 10 anni è stata spinta dal debito e ora non è più sostenibile. Ma i dazi non sono la risposta. Gli Stati Uniti devono affrontare i loro squilibri». Non girarci intorno, sembra voler dire Centeno.

Questo contesto così incerto – emerge chiaramente da tutti i relatori intervenuti – rende ancora più necessario che l’Europa faccia quadrato. Che si unisca maggiormente. Questo è un messaggio che emerge con forza da tutti i relatori. «Questa è una grande occasione per l’Europa», afferma Centeno. «È urgente che l’Europa faccia un salto di qualità – scandisce Antonio Patuelli, presidente Abi -. Perché la protezione dell’ombrello statunitense non è più quello di qualche anno fa». Come fare? Quali sono le priorità? Centeno le elenca: «Serve una gestione fiscale forte, cioè un bilancio federale. Questo andrebbe a vantaggio della difesa e delle politiche sul clima. Servono poi gli Eurobond, sperimentati durante il Covid. E bisogna completare l’Unione bancaria».

Ma ovviamente tutti gli interventi hanno avuto come focus i giovani. In sala erano presenti 360 studenti delle scuole secondarie di sei diversi Paesi europei: loro sono stati i protagonisti dell’incontro. La strada per loro la traccia con chiarezza Andrea Ceccherini, presidente dell’Osservatorio Giovani-Editori: «L’obiettivo di Young Factor è di tenere i giovani dentro la discussione sulle decisioni più importanti per la nostra comunità, non fuori – afferma -. Affinché questo accada, servono due compagni di viaggio: la coscienza critica e una conoscenza sempre più approfondita dell’economia e della finanza». E questo è il vero cuore dell’iniziativa Young Factor. Come sottolineato dal presidente Sergio Mattarella in una lettera introduttiva («Questi sono temi significativi per poter esercitare la piena cittadinanza») e dal presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro: «La cultura economica è un fattore abilitante per chiunque voglia essere protagonista della propria vita». Parole simili da Claudia Parzani, Presidente di Borsa Italiana, che si rivolge alla platea di giovani: «Senza educazione finanziaria non sarete mai liberi».

Fonte: Il Sole 24 Ore