La richiesta errata di rimborso spese non giustifica il licenziamento

La richiesta errata di rimborso spese non giustifica il licenziamento

In presenza di un sistema aziendale automatizzato per la gestione dei rimborsi delle spese di trasferta, la richiesta da parte della lavoratrice di essere rimborsata per importi estranei alla prestazione lavorativa, così come la produzione tramite il portale informatizzato di ricevute della carta di credito in assenza degli scontrini reali, costituisce una mera irregolarità.

Non è corretto sostenere che, poiché la dipendente ha richiesto il rimborso di spese non connesse alla prestazione di lavoro e ha, inoltre, presentato giustificativi non pertinenti in base alla policy aziendale, di cui la stessa lavoratrice doveva essere a conoscenza, si ricade in una condotta inadempiente assimilabile al furto. Né risulta idoneo a integrare una condotta fraudolenta il rilievo per cui il portale aziendale, sul quale sono stati caricati i giustificativi delle spese sostenute, consente al datore di effettuare il controllo cartolare solamente ex post.

L’esistenza di una procedura aziendale automatizzata per gestire i rimborsi spese, considerando il controllo a posteriori da parte datoriale sulla pertinente valutazione delle voci di rimborso spese e sulla loro corretta giustificazione documentale, esclude una condotta più grave della mera irregolarità nella richiesta di rimborsi per i giorni di trasferta.

La posizione della Cassazione

La Cassazione (ordinanza 23189/2025) valorizza il dato della gestione aziendale dei rimborsi attraverso il portale informatizzato per evidenziare che è proprio la procedura automatizzata a impedire che al dipendente possa essere ascritta una condotta fraudolenta. Nel caso specifico, una lavoratrice ha richiesto un rimborso di oltre 920 euro, ma una parte di questa somma (oltre 250 euro) è stata ritenuta successivamente non rimborsabile dall’azienda e quindi è stata stornata dall’importo complessivo, a mesi di distanza.

Fonte: Il Sole 24 Ore