La sfida del sale marino, tra gourmet e uso industriale

La sfida del sale marino, tra gourmet e uso industriale

La sfida dell’oro bianco passa tra l’impiego alimentare e quello industriale e, oltre al mercato nazionale, guarda a quelli internazionali tra Usa, Giappone e nord Europa. È il sale marino che in Italia viene prodotto (coltivato) nelle saline presenti in 4 regioni, Sardegna, Sicilia, Puglia ed Emilia Romagna e che complessivamente vale oltre 300 milioni di euro. Una produzione in crescita ed espansione, dove l’impiego tradizionale si somma a iniziative più raffinate come la cucina gourmet e il wellness

Un settore che alla crescita somma un’evoluzione negli impieghi e nelle lavorazioni. «In media in Italia – premette Bruno Franceschini, presidente di Atisale, la società titolare della salina Margherita di Savoia in Puglia, il sito più grande d’Italia e d’Europa – si ha una produzione, tra le diverse realtà, di circa 800-900 mila tonnellate di sale marino». Un dato che arriva dalla somma delle saline distribuite tra la ex Eni Contivecchi di Cagliari, la Salina di Sant’Antioco sempre in Sardegna, Margherita di Savoia in Puglia, Trapani in Sicilia e Cervia in Emilia Romagna.

Gli impieghi sono differenti e spaziano da quello alimentare a quello industriale. In questo contesto rientra anche l’impiego del sale per evitare che le strade, in caso di nevicate o temperature molto basse, possano ghiacciarsi.

E benché non esista un ente che certifichi la somma complessiva sul valore, un dato si può ottenere analizzando i diversi ambiti in cui si commercializza il prodotto in tutte le sue trasformazioni. Anche perché le lavorazioni sono differenti, così come i prezzi a tonnellata.

Fonte: Il Sole 24 Ore