«La Ue cambi rotta, ma rifondare non vuol dire demolire»
L’epoca dell’incertezza. Titolo chiaro e netto, quello dell’assemblea di Confindustria Cremona, con il contesto globale e le grandi complessità geopolitiche a fare da filo conduttore nel discorso del presidente Maurizio Ferraroni davanti a oltre 600 imprenditori.
Complessità aggravata dalla presenza a ridosso dell’Europa della guerra, un brusco richiamo alla realtà dopo che per decenni – ricorda Ferraroni, abbiamo vissuto nella convinzione che la pace fosse una condizione acquisita. Un errore. Con la guerra tornata a bussare alle nostre porte e l’Europa impreparata ad affrontare il nuovo scenario. Un’Europa per troppo tempo convinta «di essere protetta da una polizza assicurativa Nato. Polizza scaduta, non avendo pagato per parecchio tempo i “premi”», come ci ha bruscamente ricordato Donald Trump.«Ma la difesa – osserva – è un dovere primario di ogni stato sovrano, perché senza sicurezza non c’è libertà, che è il presupposto della democrazia».Complessità legata però anche alla guerra commerciale avviata da Trump, con dazi utilizzati in chiave economica ma non solo, usati anche come armi di pressione e persuasione politica. Strumento sbagliato «perché non difendono ma isolano, indebolendo chi li impone così come chi li subisce».
L’Europa – spiega Ferraroni difendendo la scelta di Bruxelles nel negoziato con gli Usa – avrebbe potuto reagire colpo su colpo e bene ha fatto a non seguire questa strada. Accettare senza reagire con controdazi non è stato un segno di debolezza ma di prudenza. Perché «la forza non si misura nella capacità di alzare barriere ma nella capacità di guardare lontano con lungimiranza».
Strada non condivisibile quella seguita dagli Usa, ma che ad ogni modo è orientata al protezionismo industriale, «perché hanno capito che senza industria un Paese perde autonomia, ricchezza, competenze e libertà». Lezione che l’Europa «sembra avere dimenticato, lasciando che interi settori venissero delocalizzati e caricando le imprese di burocrazia, vincoli ambientali spesso ideologici e tecnologicamente non sostenibili. «I primi dazi che oggi frenano l’Europa – scandisce Ferraroni – ce li siamo autointrodotti» e un esempio è rappresentato dall’auto Ue, «cronaca di una morte annunciata» alla luce dell’addio al motore endotermico, con l’aggravio dei carbon credit acquistati altrove, pagamenti a Tesla e ai produttori cinesi, «tassa nata per difendere l’Europa che oggi la penalizza e premia chi inquina altrove».
«Amo l’Italia e amo l’Europa – spiega Ferraroni – e osservo come molti oggi chiedano che l’Europa sia ridisegnata, finanche rifondata. Ma rifondare – aggiunge – non significa demolire» e in generale «non può esistere una sovranità nazionale se non c’è una analoga sovranità europea». I cantieri da aprire sono principalmente tre: una riforma delle istituzioni per superare i poteri di veto dei singoli stati e ridurre la produzione normativa, una nuova potente politica economica e un sostegno forte all’industria, da rimettere al centro anche attraverso una nuova politica energetica. Necessaria a maggior ragione in Italia, come sottolinea nella tavola rotonda organizzata all’interno dell’assemblea il presidente di Confindustria Lombardia.
Fonte: Il Sole 24 Ore