L’Ai ridisegna il futuro del beauty

L’Ai ridisegna il futuro del beauty

arika Gervasio

Il valore del beauty nasce dall’equilibrio tra tecnologia e creatività: da un lato, l’intelligenza artificiale (IA) offre potenzialità predittive, scalabilità e velocità; dall’altro, rimangono irrinunciabili autenticità del brand, artigianalità e legame emotivo con il consumatore. Oggi l’IA consente di estendere la personalizzazione a un pubblico più ampio, un tempo esclusiva di nicchie artigianali, mantenendo alti standard qualitativi e riducendo tempi e costi. È quanto emerge da un’analisi condotta da Bip, multinazionale di consulenza nella trasformazione digitale, che evidenzia come l’intelligenza artificiale nella cosmetica sia una leva capace di ridisegnare l’intera filiera, dalla ricerca e sviluppo, alla personalizzazione della customer experience, fino alla distribuzione.

Tre ambiti diversi, ma accomunati dall’integrazione di dati, creatività e tecnologia, capaci di ridurre errori e massimizzare la precisione, sono il settore fragrance, dove gli algoritmi simulano l’interazione tra molecole aromatiche e percezione umana, creando profumi inediti basati su trend, dati biometrici e preferenze dei consumatori; quello della skincare, dove l’IA consente di sviluppare formulazioni calibrate su specifiche condizioni ambientali locali, riducendo i tempi di sviluppo e garantendo prodotti mirati e più efficaci; la tecnologia interviene anche nella customer experience, dove chatbot e assistenti virtuali trasformano l’interazione con il cliente, offrendo suggerimenti personalizzati e supporto continuo.

Il ruolo della tecnologia sta ridefinendo la filiera, ma va letto su più livelli. «Non c’è solo la tecnologia dirompente, come l’IA generativa o la realtà aumentata che consente di testare i prodotti prima di acquistarli – afferma Giovanni Cara, fashion & retail partner di Bip –. Quello che spesso si trascura è il valore della tecnologia silenziosa, quella che migliora la pianificazione, l’approvvigionamento, la comunicazione interna tra aziende della filiera. Usare bene i dati significa essere più efficienti, ma anche più profittevoli in modo strutturale. E questo è ancora più determinante per il successo a lungo termine di un’azienda».

Fonte: Il Sole 24 Ore