L’anno malefico della moda uomo: crollano i consumi, ripresa affidata all’Asia

Mentre si apre il Pitti Uomo digitale (con un collegamento andato online dal quartier generale di Brunello Cucinelli a Solomeo, in Umbria) e le aziende della moda cercano di sopperire all’assenza di fiere fisiche ricorrendo ai “vecchi” rappresentanti e agenti che visitano i negozianti col campionario al seguito, si fanno i primi bilanci del malefico anno 2020.

Fatturato, export e consumi interni

Per l’industria italiana della moda maschile (intesa come abbigliamento e maglieria) le stime fatte da Confindustria Moda per Pitti Immagine indicano un calo di fatturato del 18,6% (sceso sotto 8,3 miliardi), il che significa una perdita di quasi due miliardi in un anno, frutto sia del crollo dell’export (-17%) che dei consumi interni (-22%). Il bilancio è ancora più pesante secondo Camera nazionale della moda che prende in considerazione i comparti tessile, pelle, pelletteria, abbigliamento e calzature, stimando un calo di fatturato del 25% (a 50,5 miliardi) che sale al -27,5% (a 65,4 miliardi) con gioielli, bigiotteria, cosmesi e occhiali. L’export è sceso del 22% per il settore moda e del 25% per il settore moda allargato.

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I mercati esteri e l’incognita Regno Unito

La moda italiana ha sofferto di più nei Paesi extraUe, con picchi superiori al -30% a Hong Kong e al -20% negli Stati Uniti e nel Regno Unito (due dei principali mercati di sbocco). Proprio il Regno Unito, appena uscito dall’Unione europea, rappresenta ora la grande incognita: l’amministratore delegato di Pitti Immagine, Raffaello Napoleone, si è detto sollevato «perché è stato salvaguardato il libero scambio con l’Italia» prevedendo un 2021 migliore, ma gli industriali tessili di Prato hanno già lanciato l’allarme. Il problema principale, spiega Confindustria Toscana nord, è il ripristino delle operazioni doganali: ora le imprese europee devono avere un codice riconosciuto dalle dogane britanniche e devono effettuare le pratiche amministrative, con allungamento dei tempi sia per l’import che per l’export.

Ancora peggio va per le lavorazioni di prodotti di imprese britanniche effettuate in Italia o viceversa, con ritorno poi nel paese di partenza: doppia dogana e doppie pratiche. Secondo gli industriali alcuni nodi procedurali rimangono irrisolti e attendono la definizione di regole da parte delle autorità europee e nazionali.

Previsioni con molta prudenza

Sulle previsioni 2021 Confindustria Moda resta prudente: «Stante l’attuale situazione di emergenza sanitaria ancora diffusa in vaste aree del mondo – scrive l’ufficio studi – si prevede un 2021 ancora tutto in salita per la moda maschile, che potrà comunque giovarsi del favore dei mercati asiatici per ripartire».

Fonte: Il Sole 24 Ore