
L’arte sotto scacco: la chiusura dei programmi DEI e la reazione del mondo culturale
L’era Trump è cominciata e con essa una serie di minacce e azioni che hanno un effetto negativo nelle relazioni internazionali e conseguenze sull’economia mondiale e, non da ultimo, anche sul sistema dell’arte globale e locale. Il primo colpo inferto al sistema dell’arte negli Usa è stato l’ordine esecutivo dello scorso 20 gennaio che ha dichiarato illegali le iniziative di diversità, equità e inclusione (o DEI) che hanno portato alla chiusura degli uffici DEI, impegnati ad assicurare all’interno delle istituzioni diversity, equity e inclusion. Nell’ordine, Trump ha definito “illegali e immorali” le iniziative DEI del rivale politico ed ex presidente Joe Biden, affermando che “gli americani meritano un governo impegnato a servire ogni persona con pari dignità e rispetto”.
L’ordine ha posto al centro dell’attenzione i dipendenti federali degli uffici DEI che sarebbero stati messi in congedo retribuito in attesa di nuove misure per “chiudere/terminare tutte le iniziative e i programmi DEI”.
Stop ai programmi DEI nei musei governativi
L’ordine ha avuto un impatto sui musei gestiti dal governo, e due hanno già iniziato a sciogliere le loro iniziative DEI. Si tratta della National Gallery of Art considerata uno dei migliori musei del Paese, e del Smithsonian Institution, una rete di musei che comprende lo Smithsonian American Art Museum, il National Museum of the American Indian, il National Museum of African American History and Culture e l’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden.
Va, infatti, ricordato che il governo federale degli Stati Uniti fornisce alla National Gallery of Art un risorse finanziario attraverso stanziamenti annuali, per sostenere la gestione e la manutenzione del museo mentre l’acquisizione di opere d’arte e i programmi speciali sono finanziati da donazioni e fondi privati. Lo stanziamento totale ricevuto per l’anno 2024 è stato di 209,2 milioni di dollari, lo stesso ammontare del 2023 e comprendeva 170,9 milioni di dollari per stipendi, benefici e spese, 3,9 milioni di dollari per mostre speciali e 34,4 milioni di dollari per la manutenzione, il restauro e la ristrutturazione degli edifici, altri 24,7 milioni di dollari dello stanziamento per la ristrutturazione sono stati trasferiti allo Smithsonian Institution per finanziare i costi condivisi per un progetto comune di deposito di opere d’arte. Sebbene l’ordine esecutivo di Trump riguardi solo le istituzioni che ricevono finanziamenti statali, la notizia ha suscitato preoccupazione nel mondo dell’arte per la portata di questa tendenza. Per ora, tuttavia, le ramificazioni di queste chiusure rimangono in gran parte poco chiare.
Stop a due mostre sull’arte nera e queer
Tuttavia un altro museo, Art Museum of the Americas ha cancellato due progetti espositivi incentrati rispettivamente sull’arte nera e queer. All’inizio di febbraio l’istituzione ha annunciato la cancellazione di “Before the Americas”, una mostra collettiva curata da Cheryl D. Edwards e incentrata sulla tratta transatlantica degli schiavi e sulla diaspora africana, con opere di artisti afro-latino, caraibici e afroamericani contemporanei e moderni. I funzionari del museo hanno comunicato che l’amministrazione Trump aveva ritirato i fondi per la mostra, che avrebbe dovuto essere inaugurata il 21 marzo dopo quattro anni di lavori, con la motivazione che si trattava di un “programma ed evento DEI”. Stessa sorte per Nature’s Wild dell’artista Andil Gosine, organizzata in collaborazione con una dozzina di altri artisti e diversi scrittori, che era prendeva spunto dal libro di Gosine «Nature’s Wild: Love, Sex and Law in the Caribbean» del 2021, che esplorava l’arte, l’attivismo e l’omosessualità nella regione.
Fonte: Il Sole 24 Ore