Lavoro, assicurazioni e mutui: per un milione di guariti ancora al palo la legge sull’oblio oncologico

Lavoro, assicurazioni e mutui: per un milione di guariti ancora al palo la legge sull’oblio oncologico

Per oltre un milione di italiani guariti dal tumore non c’è ancora la garanzia di non essere discriminati a lavoro o quando stipulano una assicurazione e o accendono un mutuo. A due anni dalla legge sull’oblio oncologico (la 193/2023) approvata a dicembre del 2023 resta ancora ampiamente sulla carta «il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica».

Mancano infatti ancora all’appello tre provvedimenti cruciali che dovevano dare sostanza all’oblio oncologico e che erano attesi già dall’estate del 2024 : il primo, un decreto del ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il ministro delle Salute – sentite le organizzazioni dei pazienti oncologici – aveva il compito di disegnare specifiche politiche attive per assicurare, a ogni persona che sia stata affetta da una patologia oncologica e quindi non solo ai guariti, «eguaglianza di opportunità nell’inserimento e nella permanenza nel lavoro, nella fruizione dei relativi servizi e nella riqualificazione dei percorsi di carriera e retributivi». Sempre entro inizio luglio 2024 erano attesi anche due provvedimenti – uno a cura del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr) e l’altro Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass), sentito il Garante privacy- con l’obiettivo di modificare e uniformare moduli, formulari e disciplinare il divieto di chiedere informazioni sullo stato di salute di chi sta contraendo contratti relativi a servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi oltre a formare il personale sull’oblio oncologico. «La legge rappresenta una svolta culturale e giuridica, ma senza i provvedimenti attuativi nei settori chiave – lavoro, credito, assicurazioni – il diritto all’oblio oncologico resta incompleto. E questo ritardo non è solo tecnico: è una grave responsabilità istituzionale. Ogni giorno di silenzio istituzionale è un giorno in cui migliaia di cittadini guariti continuano a subire discriminazioni ingiustificate», avverte Elisabetta Iannelli segretario generale di Favo, la Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia.

La legge che riconosce ai cittadini guariti da un tumore il diritto a non dichiarare la precedente malattia dopo dieci anni dalla fine delle cure (5 anni per chi ha ricevuto la diagnosi prima dei 21 anni) è stata celebrata come una grande conquista in un Paese dove vivono quasi 4 milioni di italiani con una diagnosi di tumore, mentre i guariti definitivamente sono almeno un milione. Finora per attuare la legge sono arrivati tre decreti – firmati tutti dal ministero della Salute – che hanno disciplinato le modalità per ottenere il certificato di oblio oncologico, l’elenco delle patologie oncologiche per le quali si applicano termini inferiori rispetto ai 10 e 5 anni (per gli under 21) standard e infine quello con le disposizioni in materia di adozioni. Degli altri invece si sono perse le tracce, con l’eccezione del decreto per promuovere l’adesione alle politiche attive del lavoro per i guariti di tumore che è finito nei giorni scorsi nel mirino di un question time alla Camera presentato dalla deputata Elena Boschi durante il quale la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone dopo aver segnalato che «l’attività istruttoria è stata particolarmente complessa», ha assicurato che la procedura per la definizione del decreto attuativo «è in fase di definizione ultima e sarà tempestivamente adottata».

Sul provvedimento dell’Ivass non sono mancate le interlocuzioni con le associazioni dei pazienti che in particolare hanno chiesto di modificare regolamenti, pratiche e formulari in modo da escludere nella valutazione del merito assicurativo i riferimenti a patologie oncologiche trascorse. Introducendo anche un obbligo di informazione e trasparenza in modo che le compagnie assicurative comunichino chiaramente ai clienti il diritto all’oblio e le modalità di esercizio e prevedendo anche la formazione per operatori e broker. «A quasi due anni dall’approvazione della legge sull’oblio oncologico, siamo costretti a constatare con amarezza che le istituzioni competenti non hanno ancora completato il quadro attuativo necessario per renderla pienamente operativa», aggiunge Iannelli che giudica «inaccettabile» che provvedimenti fondamentali — per garantire pari opportunità lavorative, accesso equo al credito e tutela assicurativa a chi ha superato un tumore — siano ancora fermi, ostaggio di una burocrazia che sembra ignorare il valore umano e sociale di questa norma. La legge sull’oblio oncologico non è una concessione: è un diritto. E ogni giorno di ritardo – conclude il segretario Favo – è una ferita aperta per migliaia di cittadini che continuano a subire discriminazioni ingiustificate»

Fonte: Il Sole 24 Ore