Lavoro per i detenuti, tre tappe per il bonus fiscale alle aziende
Tre scadenze: il 31 ottobre, la prima, e poi 15 novembre e 15 dicembre. Si rinnova così attraverso queste date l’appuntamento annuale per le aziende che intendono assumere lavoratori sottoposti a carcerazione. Una possibilità introdotta dalla legge Smuraglia (legge 193 del 2000) che prevede alcune agevolazioni fiscali e contributive rivolte alle imprese che scelgono di assumere detenuti o internati negli istituti penitenziari, nonché soggetti ammessi al lavoro all’esterno secondo quanto previsto dall’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario, e persone in semilibertà.
Il punto di partenza, prerequisito fondamentale, è che per accedere ai benefici fiscali e contributivi l’azienda deve in primo luogo stipulare una convenzione con l’istituto penitenziario di riferimento, garantire un contratto di lavoro subordinato di una durata minima di 30 giorni, assicurando una retribuzione conforme a quanto previsto dai contratti collettivi nazionali. Ma quanti sono i detenuti lavoratori?
I numeri
Attualmente, stando al secondo report Recidiva zero realizzato dal Censis per il Cnel, le persone in carcere che possono lavorare sono 21.235; di queste la parte più consistente, ovvero 18.063 persone, lavora alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, il resto invece, pari a 3.172 detenuti, per aziende e cooperative esterne. Fra le tipologie di lavoro in cui sono impegnati i lavoranti detenuti, si registra, dunque, una concentrazione nei servizi d’istituto (il 70,7% è impegnato in questa tipologia), mentre il 5,4% lavora in istituto per conto di cooperative o imprese, il 5,3%, essendo in regime di semilibertà, lavora in proprio o per conto di datori di lavoro esterni e il 5% si occupa della manutenzione dei fabbricati. Una ripartizione che fotografa un percorso ancora tutto da compiere, se pur all’interno di un contesto in miglioramento.
Negli ultimi vent’anni, dal 2004 al 2024 infatti il numero totale dei detenuti lavoranti è passato da 14.686 (pari al 26,6% dei detenuti) a 21.235 appunto (pari al 34,3%). La disaggregazione dei dati al livello regionale e per tipologia di lavoro segnala, in primo luogo, una maggiore opportunità di lavoro in regioni come il Trentino-Alto Adige, con un livello di coinvolgimento sul totale dei detenuti della regione pari al 71,2%, in Friuli-Venezia Giulia (52,5%), in Toscana (50,3%). Più lontano dal dato medio nazionale (34,3%) il tasso di partecipazione di regioni come la Basilicata (23,5%), il Lazio (26,8%), la Campania (26,9%).
Se questo è il quadro, le misure che fissano un perimetro incentivante rappresentano un aiuto concreto, a partire dal credito di imposta.
Fonte: Il Sole 24 Ore