
Lavoro, proposta del Pd contro il part-time involontario per le donne
Il part-time involontario è un fenomeno che colpisce 3 milioni di persone, di queste, a subirne gli effetti peggiori sono in gran parte le donne. La proposta di legge per una nuova disciplina del part time, a prima firma Susanna Camusso (Partito democratico) è stata presentata in conferenza stampa alla Camera. A rendere un un part-time involontario è la condizione in cui lavoratori e lavoratrici non scelgono questa forma contrattuale ma la accettano o subiscono per necessità o per assenza di altre possibilità. Oltre la metà dei 3 milioni di lavoratori e lavoratrici part-time, per l’esattezza il 56,2%, svolge un part-time involontario.
Gli obiettivi della proposta
La proposta del Partito democratico ha come obiettivo quello di intervenire sulle condizioni contrattuali e di lavoro, contrastandone l’instabilità lavorativa, introducendo norme innovative «per il potenziamento dei canali d’uscita della precarietà, quali la trasformazione in contratto standard in caso di abuso». Altro aspetto che si legge è il «contrastare il lavoro in nero e grigio» difendendo, inoltre, il diritto alla «disconnessione e alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario».
Una norma in tutela delle donne
«Il part-time è prevalentemente una storia di donne» afferma Susanna Camusso. «La nostra proposta vuole far sì che il part-time, a partire da quello involontario, non sia una trappola di sfruttamento e mortificazione del lavoro delle donne». La proposta vuole favorire la conciliazione dell’attività lavorativa con i periodi di maternità o di studio, così come fu concepito inizialmente il part-time. La norma dà «sostegno alla nostra proposta sul congedo di maternità e paternità obbligatorio e paritario – continua la Camusso – e affianca a norme di condivisione un part-time così come lo hanno rivendicato le lavoratrici negli anni: programmato, transitorio, reversibile».
Così il rapporto Cnel-Istat spiega che il part-time è delle donne, specie se con figli: «Quasi un terzo delle occupate lavora part-time e il 41% delle lavoratrici madri 25-34enni». Il ricorso a un’occupazione a tempo parziale permette di ridurre le difficoltà di conciliazione tra carichi familiari e impegni lavorativi e, non a caso «sul totale degli occupati il 31,5% delle donne, circa 3 milioni, lavora part-time, contro l’8,1% degli uomini, circa un milione». In particolare, nella classe di età 25-54 anni, l’incidenza tra gli uomini diminuisce ulteriormente: «solo il 6,6% degli uomini lavora a tempo parziale, contro il 31,3% delle occupate, e cala ulteriormente (4,6%) in presenza di figli, mentre tra le madri sale al 36,7%».
La situazione di giovani e donne
Fonte: Il Sole 24 Ore