L’azzeramento dei bond fu illecito. Ubs dovrà restituire 16 miliardi di franchi
L’azzeramento delle obbligazioni «Additional Tier 1» deciso dalla Finma svizzera alla vigilia della fusione tra Credit Suisse e Ubs, – 16,5 miliardi di franchi di valore nominale – è stata un’operazione illecita: i bond emessi e poi subito cancellati dovranno essere rimborsati ai risparmiatori traditi, tra i quali centinaia di italiani degli oltre 3 mila ricorrenti nella clamorosa class action.
Salvataggio di Stato
La decisione parziale presa dal Tribunale federale svizzero di San Gallo del 1° ottobre scorso resa pubblica oggi torna sui concitati giorni della primavera di due anni fa in cui andò in porto il controverso salvataggio di stato del Credit Suisse. Il 19 marzo 2023 rappresentanti del Dipartimento federale delle finanze, dell’Autorità di vigilanza sui mercati finanziari, della Banca nazionale svizzera e delle banche coinvolte avevano annunciato un pacchetto di misure in vista dell’acquisizione di Credit Suisse da parte di Ubs, tra cui l’azzeramento di tutti gli strumenti di capitale «Additional Tier 1», per il quale era intervenuto anche il Consiglio federale dando immediata copertura istituzionale alla decisione della Finma.
Tremila ricorrenti
Contro il colpo di spugna avevano presentato subito ricorso circa 3 mila parti private, incardinate in 360 ricorsi, che chiedevano l’annullamento della decisione e il ripristino della situazione precedente, censurando l’assenza di una base contrattuale e di una base legale per azzerare le obbligazioni AT1.
La decisione del Tribunale federale di San Gallo è tecnicamente una «sentenza parziale» nell’ambito di una sorta di class action – dal momento che le argomentazioni giuridiche potranno essere utilizzate in ognuno dei procedimenti associabili per fattispecie, ma ha un peso specifico importante: secondo il Taf, infatti, «non si è verificato alcun evento scatenante (Viability event)» contrattualmente previsto che potesse dar luogo all’effetto write-off- azzeramento. In quel periodo, scrive il Tribunale in una nota, «Credit Suisse era sufficientemente capitalizzata e soddisfaceva i requisiti normativi in materia di fondi propri. Le misure disposte dalla Confederazione e dalla Banca nazionale svizzera servivano unicamente a garantire la liquidità e non avevano alcun effetto diretto sulla base di capitale proprio secondo l’interpretazione delle condizioni di prestito in conformità con la teoria dell’affidamento».
«Grave ingerenza» a danno dei risparmiatori
Ancor più severo è il giudizio del Taf sull’operato dell’authority, visto che l’azzeramento ordinato dalla Finma «costituiva una grave ingerenza nei diritti di proprietà degli obbligazionisti che avrebbe dovuto essere retta da una base legale chiara e formale», base legale del tutto assente per i giudici.
Fonte: Il Sole 24 Ore