
LCA, una bussola strategica nel recupero dei metalli preziosi
Il livello, la profondità e l’ampiezza dell’informazione, determinano la qualità della pianificazione strategica dei processi aziendali. TCA SpA ha scelto nel 2022 di intraprendere la strada della misurazione dei potenziali impatti sull’ambiente dei propri processi di recupero dei metalli preziosi quali Oro, Argento, Platino, Palladio e Rodio. Ciò è stato portato a termine attraverso lo studio LCA – Life Cycle Assessment.
Il percorso e lo strumento di cui TCA SpA dispone oggi, dopo un lavoro articolato condotto insieme al team del Prof. Fabrizio Passarini docente di Chimica dell’ambiente e dei beni culturali presso il Dipartimento di Chimica Industriale “Toso Montanari” dell’Università di Bologna, basato sulle metodologie e i principi della norma ISO 14040/ISO14044 , si è concluso con la revisione di terza parte, operata dall’ente di certificazione DNV. Il processo di recupero svolto da TCA risulta già un’azione circolare per propria natura e lo studio ha portato a quantificare alcune evidenze rilevanti. Ad esempio, è stato determinato che, in termini di Kg di CO2 equivalente, il recupero dell’oro operato all’interno degli impianti dello stabilimento di Arezzo dell’impresa risulta nettamente meno impattante rispetto alla produzione da processi primari (cioè da miniera), e lo stesso è anche positivamente collocato rispetto ai migliori valori presenti in letteratura sui processi secondari, ovvero i processi di recupero di metalli preziosi provenienti da scarti di lavorazioni industriali.
Il Life Cycle Assesment condotto sul processo di recupero dei metalli preziosi restituisce un complesso di informazioni rilevanti e utili. “Riteniamo che questo approccio metodologico possa essere adatto non solo a noi come impresa impegnata nel recupero, bensì possa rappresentare una strada per tutti coloro che gravitano nella filiera dei metalli preziosi e si approcciano alla sostenibilità del settore, sotto vari profili” commenta Andrea Chiarini, Ingegnere, Consigliere di Amministrazione, delegato in TCA alle tematiche ambientali .
“Al di là del tipo di servizio che ciascuna organizzazione può trovarsi a offrire su questo mercato, tutti partecipiamo a un processo articolato, assumendo ruoli che ci vedono, di volta in volta, come fornitori o clienti, ma sempre come attori in ambito upstream, core o downstream, per usare la terminologia tecnica dello strumento”.
Il dialogo sulla sostenibilità nel comparto metalli preziosi è oggi in costruzione, protagonista di molti dei tavoli nazionali e internazionali intorno ai quali il business su queste materie prime strategiche si delinea, raccontato attraverso i pregevoli contributi di più voci che ne parlano sia in ottica normativa che di certificazione, di catena del valore, di compliance rispetto a standard rigorosi in materia, come ad esempio nell’ambito del rispetto dei diritti umani attraverso il Responsible Jewerly Council o organizzazioni come LBMA, e di standard in divenire, come quello sulla riciclabilità dei metalli in formulazione presso ISO.
Lo stato dell’arte in riferimento agli impatti ambientali nel processo di recupero dei metalli preziosi sembra però godere ancora di pochi dati, secondo quanto suggerisce la letteratura a disposizione, e ciò è singolare, soprattutto se confrontato con la mole di informazione e conoscenza che in questi anni si è stratificata intorno ad altre materie prime e materiali, di cui oggi conosciamo e condividiamo veramente molto.
Ciò fa capire come la disponibilità di informazioni in ambito di impatti ambientali derivanti dal recupero dei metalli preziosi possa creare uno spazio di ampio sviluppo della conoscenza e della sua condivisione, non solo all’interno della singola impresa, ma anche a beneficio di un settore intero, definito strategico per le nostre economie e applicazioni d’uso quotidiano anche da fonti comunitarie come la Critical Raw Material list.
«Un settore», affermano i ricercatori dell’Università di Bologna, « dove, secondo i più recenti rapporti della Commissione Europea, ancora oggi diverse tonnellate di metalli preziosi non sono recuperati a fine vita, dove paesi come l’Italia rappresentano luoghi decisamente strategici, contribuendo per circa il 7% al riciclo dell’oro nel mondo e dove ricerca e sviluppo possono davvero fare la differenza». La collaborazione, abilitata dalla disponibilità di dati a un livello più ampio, lungo tutta la catena del valore, può condurre ben oltre il vantaggio competitivo dei singoli player.
Misurarsi ha senso e richiede la pazienza di confrontarsi con le sfide metodologiche che si possono incontrare quando si analizzano processi industriali complessi e in cui gli impatti non sono facilmente allocabili. Misurarsi richiede generosità nella portata dei dati a cui tendere, non fermandosi quindi al parametro di CO2 equivalente, oggi misurato sempre più spesso come principale e a volte unico dato da raggiungere, ma soprattutto ampiezza nelle risposte da fornire.
In un’epoca in cui la sostenibilità non è più un’opzione ma la strada da percorrere, il recupero rappresenta una delle chiavi di cui disponiamo per affrontare il percorso di transizione . Impianti come quello di TCA dimostrano da un lato che è possibile trasformare i rifiuti in risorse preziose e dall’altro che la strada del recupero è portatrice di impatti ambientali notevolmente ridotti rispetto ai metodi estrattivi . “Si tratta per chi fa impresa, di abbracciare una visione strategica che deve essere sintesi di più istanze, economiche e ambientali, che possono trovare soddisfazione solo se adeguatamente pensate in relazione. La misurazione non è pertanto un approccio rimandabile nel parlare di sostenibilità in modo appropriato. Il recupero dei metalli preziosi è una tecnologia avanzata, da pensare come abilitatore di sostenibilità, non solo per gli addetti ai lavori” conclude Chiarini.
Fonte: Il Sole 24 Ore