Le finestre sull’infinito di Jef Verheyen

In concomitanza con il 40° anniversario della sua scomparsa, il Museo Reale di Belle Arti di Anversa (KMSKA) presenta fino al 18 agosto Window on Infinity la prima mostra personale museale dell’artista fiammingo Jef Verheyen nella sua città natale .
Una mostra quasi dovuta a uno dei più interessanti artisti fiamminghi contemporanei (deceduto poco più che cinquantenne sul tatami durante un’esercitazione di judo) quella organizzata dal KMSKA.

Window on Infinity si concentra primariamente sulla natura concettuale di Verheyen e sul suo ruolo di costruttore di ponti tra l’arte moderna e concettuale e soprattutto sul suo approccio entusiasta a creare interazioni artistiche di respiro europeo e internazionale nel suo complesso. Spesso citato come un maestro dell’avanguardia moderna Jef Verheyen (1932-1984) lavorò nel nucleo di una rete internazionale incentrata su artisti ZERO, e ricopre un’importanza fondamentale in particolare per la sua affascinante interazione tra luce e buio, forma e colore. La ricerca sperimentale della sua rappresentazione del vuoto viene posta, nella mostra, in dialogo non solo con opere di predecessori e contemporanei ma sottolinea anche i suoi rapporti con la scena artistica italiana, i suoi viaggi a Milano (dove conobbe Piero Manzoni, Roberto Crippa e Lucio Fontana) e la sua partecipazione, negli anni ’70, alla Biennale di Venezia con dieci opere nel padiglione belga.

Ceramica e monocromia. Milano e Venezia

La mostra inizia con le storie sulle origini di Verheyen come ceramista – ispirato da Picasso – come pittore figurativo e come creatore di dipinti cosmici, traendo ispirazione non solo da modelli artistici come Paul Klee e Jozef Peeters, ma anche dalla filosofia orientale e – più in generale – dalle idee non occidentali. Per questo motivo, le opere vengono presentate intervallate da vedute di studio, fotografie di artisti al lavoro, quaderni di schizzi e manoscritti. Il risultato è un viaggio artistico alla ricerca di verità sia storiche sia “universali”, al di là di quella dell’esperienza puramente estetica del suo lavoro.Il colloquio con la curatrice Annelien De Troij, ci rivela che: “Jef Verheyen è, insieme a Piero Manzoni e Yves Klein, un vero pioniere della pittura monocroma. Come ceramista ha sviluppato un fascino per gli strati monocromi tipici della ceramica tradizionale cinese. Solo successivamente adottò l’effetto sottile di usare pigmenti monocromatici uno sopra l’altro nei suoi dipinti.

Dopo aver incontrato Lucio Fontana a Milano nel 1958, iniziò infatti a progettare una mostra internazionale sulla pittura monocroma e acromica ad Anversa che purtroppo non ebbe mai luogo, ma dalla sua corrispondenza sappiamo che aveva intenzione di invitare Lucio Fontana, Yves Klein, Piero Manzoni, Jean Tinguely, Enrico Castellani e Guy Vandenbranden.

Le opere di Verheyen hanno qualcosa di ipnotico, danno la sensazione di fissare il vuoto o l’infinito e l’artista è capace di coinvolgere lo spettatore in maniera partecipativa con un approccio quindi estremamente contemporaneo, Adriaan Gonnissen, curatore arte moderna del KMSKA, aggiunge: “Fu un artista unico nel suo genere che mescolò brillantemente il rinnovamento dell’avanguardia internazionale con le tradizioni della pittura fiamminga, ottenendo un impatto enorme che cambiò il mondo dell’arte”.

Fonte: Il Sole 24 Ore