
Le grandi città perdono terreno: effetto disuguaglianze sulla Qualità della vita
Se c’è un fil rouge, inequivocabile, che lega i risultati dell’edizione 2024 della Qualità della vita è la scivolata, più o meno marcata, delle grandi città. Mete turistiche oppure centri economici e politici, le aree metropolitane perdono posizioni sotto il peso della frenata del Pil pro capite – che corre molto di più al Sud, rispetto ai grandi poli produttivi del Nord – e del crescente costo della vita. In cima per presenze turistiche e sul fondo – quasi di conseguenza, in tempi di affitti brevi – per incidenza dei canoni di locazione sui redditi medi, aumento dell’inflazione e mensilità di stipendio necessarie ad acquistare 60 metri quadrati in città. Con riflessi marcati sulle disuguaglianze reddituali, che allargano la forbice sociale.
La fotografia 2024 della Qualità della vita nelle grandi città metropolitane è poco lusinghiera. Tra le meglio piazzate rimangono Bologna e Milano: la provincia emiliana, che ha vinto l’indagine ben cinque volte, l’ultima delle quali nel 2022, pur scendendo dal podio di sette posizioni, rimane nella top 10; Milano perde quattro posizioni rispetto al 2023 e arriva dodicesima, mantenendo la leadership nella categoria «Affari e Lavoro» e il terzo posto in «Ambiente e servizi». Per trovare la successiva città metropolitana bisogna scendere di oltre venti posizioni e arrivare al 36° posto, dove si incontra Firenze (l’anno scorso in sesta posizione), che però ottiene una leadership importante: è prima nella quarta edizione dell’Indice della Qualità della vita delle donne.
Le altre inseguono: Cagliari è 44ª (-21), Venezia è al 46° posto, in calo di 14 sul 2023; Genova al 54°. Torino perde 22 posizioni e si ferma al 58° gradino, appena sopra la Capitale, Roma, che arriva 59ª, precedendo un Mezzogiorno concentrato nelle ultime posizioni: Catania (83ª, in salita di 9 posizioni), Messina (91ª), Palermo (100ª), Napoli (106ª) e Reggio Calabria (107ª). La migliore area del Meridione è Bari che, pur fermandosi al 65° posto, poco sotto Roma, aumenta di quattro posizioni tornando sopra i livelli del 2022.
A spingere le grandi città del Centro-Nord verso il basso sono alcuni parametri, in particolare alcune novità introdotte. Tra queste spicca la variazione del Pil pro capite tra il 2023 e il 2024 che premia, di contro, aree come Palermo, Reggio Calabria e Messina. Milano resta prima per Pil in rapporto alla popolazione, ma se si analizza il trend – pari al 2% contro il 3,9% di Palermo – nel confronto arriva 54ª tra le 107 province considerate. «Il Sud, seppure in termini relativi, sta registrando tassi di crescita del Pil più elevati – commenta Gaetano Fausto Esposito, direttore del Centro Studi Guglielmo Tagliacarne – e ha cambiato marcia. Quanto questa crescita riuscirà a smuovere gli ampi divari lo dobbiamo ancora vedere». Per Esposito «le aree metropolitane rimangono il baricentro della produzione di ricchezza: il 41% del Pil nazionale si concentra in questi 14 territori e Roma e Milano, da sole, fanno circa il 20 per cento. Quasi l’80% del valore aggiunto delle grandi città deriva dal terziario di mercato e pubblico, trainato dal turismo in crescita».
C’è poi il tema degli alloggi: a Roma il canone d’affitto di un appartamento da 100 metri quadrati in zona semi-centrale pesa per l’81% sul reddito medio dichiarato, contro il 13% di Trapani e Chieti. Elevato anche il numero di stipendi medi necessari ad acquistare un bilocale tipo: 164,8 a Roma, contro i 33,4 di Avellino. Non stupisce, di conseguenza, che le grandi città nell’ultimo anno abbiano quasi tutte perso residenti (a eccezione di Milano e Bologna), in modo più marcato rispetto al -0,37% della media nazionale: -1% Venezia, -0,8% Palermo e Firenze, -0,7% Genova.
Fonte: Il Sole 24 Ore