Le persone senza storia, che hanno fatto la storia
«Novella nera con fatti di sangue» è il sottotitolo del romanzo Troncamacchioni (Feltrinelli, pagg, 162, euro16) con cui Alberto Prunetti, traduttore e redattore editoriale, è in finale al premio Campiello.
Ce lo può descrivere?
Si intitola “Troncamacchioni”, un termine del gergo dei boscaioli e dei carbonai maremmani che indica un modo sui generis di procedere nei boschi (e nella vita): a testa alta, prendendo di petto le avversità e muovendosi a diritto, con la certezza della bontà delle proprie azioni. Si tratta di un’opera ibrida, una sorta di inchiesta storica su un cold case, un omicidio avvenuto un secolo fa. Io lo definisco come un’epica stracciona, perché provo a raccontare in chiave epica, e quindi con toni avventurosi e altisonanti, storie di genti basse e di popolo minuto, ambientate in un fazzoletto boscoso e minerario di terra di Maremma, tra la fine della Prima guerra mondiale e il 1922. Provo quindi a mettere assieme una lingua altisonante e tragica con una storia bassa ma comunque drammatica. Violenza politica, omicidi e regolamenti di conti nella Toscana di provincia degli anni in cui si affermava il fascismo con la strategia violenta dello squadrismo. Ma anche poesia popolare e vino schietto, per raccontare vite di persone comuni. Le persone senza storia, che hanno fatto la storia. In fondo è una scelta in linea con il Campiello del Goldoni, che nell’avvertenza a chi legge dichiara di aver scritto la sua commedia «coi termini più ricercati del basso rango e colle frasi ordinarissime della plebe» e che la sua storia verte proprio «sui costumi di cotal gente», ossia «la gente bassa». E similmente anch’io ho scritto «alla maniera delle basse genti», come riporta la quarta di copertina di Troncamacchioni.
Perché ha sentito il bisogno di raccontare questa storia?
Racconto nelle mie pagine come da una guerra mondiale si sia arrivati a una dittatura. Se guardiamo al mondo dei nostri giorni, il tema è ancora attuale. E sento il bisogno di onorare la memoria di tanti disertori senza nome che hanno preferito evitare di versare il sangue, il loro e quello degli altri, per la patria, in periodi in cui la retorica di sangue e suolo ha infettato l’Europa con il nazifascismo. A ragione lo scrittore Karl Kraus sosteneva che con sangue e suolo, elementi chiave delle retoriche di Hitler, si ottiene solo il tetano. I protagonisti delle mie pagine sono anonimi contadini, braccianti, carbonai, ma al momento di scegliere non si fanno mobilitare dalle parole d’ordine guerrafondaie di quegli anni. Stanno dalla parte degli ultimi, che è la loro parte, fino alla fine, e pagheranno amaramente quelle scelte.
Fonte: Il Sole 24 Ore