
Le scintillanti e introvabili uova di Pasqua degli zar
Rare, rarissime, pressoché introvabili: sono le uova di Fabergé, ninnoli pasquali che uniscono alla sofisticata maestria dell’alta gioielleria la capacità di suscitare lo stupore tipico degli oggetti da wunderkammer. Nascono ufficialmente nel 1885, quando lo zar Alessandro III di Russia commissiona a Peter Carl Fabergé – titolare dell’omonima gioielleria ereditata dal padre – e a suo fratello Agathon un uovo di Pasqua (dunque, con sorpresa) per sua moglie Marija Fëderovna. Questo primissimo “uovo di gallina”, in oro massiccio, era ricoperto di smalto bianco opaco e incontrava perfettamente il gusto dei Romanov per il lusso sfrenato. Si apriva con uno scatto, svelando al suo interno un tuorlo in oro giallo opaco, che a sua volta conteneva una gallinella d’oro con occhi di rubino. Il volatile racchiudeva in sé due gioielli con diamanti e rubini: una catenella e una corona, andati perduti. Ça va sans dire che il dono lasciò estasiata la zarina e da quel momento divenne una consuetudine pasquale che lei e la madre dell’imperatore ricevessero un uovo ciascuna.
La produzione dal 1885 al 1916
La casa gioielliera Fabergé (fondata a San Pietroburgo da Gustav Fabergé nel 1842) continua ancora oggi a produrre le uova icone del suo successo. Tuttavia, ai fini collezionistici, rilevano solo quelle originarie, tutte create nell’arco di un trentennio, dal 1885 alla vigilia della Rivoluzione d’ottobre. «Le uova di Fabergé originarie sono ormai tutte inaccessibili: sono in mano a collezionisti privati o parte di alcune prestigiose collezioni museali. Quelle successive, pur molto belle, sono qualcosa di diverso. Le “vere” uova di Fabergé vantano sempre una provenienza eccezionale, essendo appartenute tutte agli zar di Russia», afferma Luca Ghirondi, direttore del dipartimento gioielli de Il Ponte Casa d’Aste. Il loro numero dunque è fisso. Inoltre, delle 50 imperiali prodotte nel periodo 1885-1916, non tutte sono giunte ai nostri giorni. Alcune, come il “secondo uovo imperiale”, sono andate perdute. O magari non sono ancora state riscoperte: si pensi solo al fortunoso caso del “terzo uovo”, finito nelle mani di un commerciante di rottami metallici nel Midwest, in Usa. Era il 2014. L’uomo lo aveva acquistato in un negozio di antiquariato per 14.000 dollari, con l’intenzione di fonderne l’oro e di recuperarne le pietre preziose. Poi ebbe la presenza di spirito di rivolgersi a uno specialista, Wartski (storica gioielleria di Londra specializzata nello studio e nella valutazione dei lavori di Peter Carl Fabergé). Il resto è storia: Wartski acquistò subito il “terzo uovo” per conto di un cliente, alla cifra di 33 milioni di dollari. Aggiunge Ghirondi: «Le uova successive al periodo imperiale non hanno lo stesso prestigio, pure essendo magari di ottima qualità».
La produzione successiva e i falsi
Inoltre, «I falsi sono dietro l’angolo. Negli ultimi 20 anni del mio lavoro, delle uova in cui mi sono imbattuto, la metà erano false. Fabergé, come del resto ormai Bulgari, paga lo scotto della contraffazione. Tanti di coloro che avevano lavorato per i Fabergé hanno poi prodotto manufatti simili, ma a livello storico e collezionistico possiamo considerare autentiche solo le uova imperiali che vanno dal 1885 al 1916». Come riconoscere un falso? Risponde l’esperto: «Magari si tratta di uova perfette, fatte con gli stessi pregiatissimi materiali delle storiche, ma da piccoli dettagli, a volte infinitesimali, si capisce che non sono autentiche».
Le quotazioni
Ermitage e musei a parte, i collezionisti attuali più appassionati delle uova di Fabergé risiedono in Svizzera, a Londra e in Oriente. Alcune fonti annoverano un numero superiore a 50, quando citano le uova prodotte nel periodo “autentico”. Non si tratta necessariamente di errori: furono infatti commissionate anche da altre famiglie con ricchezze parimenti “imperiali”, come i Rothschild. E proprio ai Rothschild apparteneva l’ultimo più costoso uovo di Fabergé passato in asta pubblica, un particolare modello in smalto rosa, con orologio esterno: nel 2007 veniva aggiudicato per 8,9 milioni di sterline da Christie’s. Cinque anni prima, nel 2002, “l’uovo d’inverno”, sempre da Christie’s, cambiava proprietario per 6,6 milioni di sterline.
Fonte: Il Sole 24 Ore