
Le simulazioni Cgil: il taglio Irpef in manovra rende 3 euro al giorno a chi guadagna 30mila euro annui
La diminuzione della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33% fino a 50mila euro di reddito – il taglio che stando agli annunci del governo rappresenta il “piatto forte” della prossima legge di Bilancio – per il 70% delle dichiarazioni dei redditi che non arrivano a 28mila euro non produrrebbe alcun beneficio annuo, per i redditi pari a 30mila euro il vantaggio sarebbe di appena 3,3 euro al mese (40 euro annui) per salire fino a 36,7 euro mensili per un imponibile di 50mila euro (440 euro annui).
«E’ quasi una presa in giro», secondo il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini che punta l’indice contro il nostro sistema fiscale che «tassa progressivamente solo il lavoro dipendente e i pensionati, mentre le rendite finanziarie, le rendite immobiliari i profitti e tutte le altre forme di reddito sono tassate meno e con un’aliquota piatta. Questa è una follia».
L’imposta dovuta per tipologia di reddito; penalizzati dipendenti e pensionati
L’ufficio economia della Cgil ha fatto delle simulazioni. Ebbene su 35mila euro di reddito nel 2025 un lavoratore dipendente paga al Fisco 6.898 euro di imposte, un pensionato 8.413 euro, un autonomo che beneficia della flat tax 4.095 euro, una rendita finanziaria 4.375 euro. La simulazione della Cgil serve ad evidenziare che a parità di reddito c’è una disparità di imposta, dal momento che i lavoratori dipendenti e i pensionati pagano molte più imposte di professionisti, autonomi e di chi vive di rendita finanziaria.
In un’altra simulazione la Cgil prende il caso di un professionista con 85mila euro lordi di reddito che beneficiando della flat tax deve all’Erario poco più di 7mila euro, se invece avesse applicata l’Irpef ordinaria dovrebbe pagare 19mila euro.
L’impatto del fiscal drag: costo di oltre 25 miliardi tra il 2022 e il 2024
Non solo, lavoratori e pensionati sono anche stati penalizzati dall’impatto del fiscal drag, alimentato da un’inflazione cumulata tra il 2022 e il 2024 del +16,4%. Il fenomeno del drenaggo fiscale è determinato da un aumento della pressione fiscale sui redditi causato dall’inflazione. Nel nostro sistema di tassazione progressivo per scaglioni di reddito, sotto la spinta dell’inflazione aumentano i redditi nominali facendo passare i contribuenti a scaglioni di imposta più elevati: la conseguenza è che questi lavoratori come contribuenti finiscono per pagare più tasse, vendendo il potere d’acquisto reale diminuire.
Fonte: Il Sole 24 Ore