Lenti a contatto, è reato scrivere in piccolo «prodotto importato»

Lenti a contatto, è reato scrivere in piccolo «prodotto importato»

Lenti a contatto vendute da una ditta italiana, in confezioni sulle quali era messo in evidenza il tricolore, parte del logo aziendale e, in caratteri piccoli, sui bordi laterali della scatola la scritta «prodotto importato». Per la Cassazionenon è un illecito amministrativo ma una condotta che ha un rilevo penale (legge 350/2003, articolo 4, comma 49 bis) perché induce il consumatore a credere che il prodotto acquistato sia di origine italiana, attraverso «l‘uso fallace del marchio».

Ininfluente la conformità dei dispositivi alla direttiva

La Suprema corte, nel confermare la condanna per il legale rappresentante, chiarisce che non conta «ai fini dell’esclusione della rilevanza penale del fatto, né la conformità dei prodotti medicali alle disposizioni normative di settore, né rileva accertare chi sia il fabbricante ai sensi della normativa europea, né la circostanza che la commercializzazione al pubblico dei beni debba avvenire tramite operatori di settore».

Non passa dunque la tesi della difesa, secondo la quale trattandosi di dispositivi medici erano stati rispettati tutti i requisiti previsti dalle norme dell’Unione, come dimostrato dalla certificazione approvata dal sistema completo di garanzie e qualità dell’organismo notificato Icmspa. Ancora un errore commesso dalla Corte d’appello sarebbe stato nell’identificare il cosiddetto fabbricante. Nel caso esaminato era, in effetti, la Srl italiana ricorrente, da non considerare però «letteralmente come soggetto che materialmente fabbrica il dispositivo medicale, ma come l’operatore economico si assume la responsabilità del prodotto in conformità alle normative vigenti europee e nazionali ovvero il soggetto che ha la responsabilità giuridica dell’immissione sul mercato del prodotto indipendentemente dalla circostanza che la progettazione e la fabbricazione l’imballaggio e l’etichettatura siano materialmente eseguiti dallo stesso soggetto o da un terzo per suo conto, così come confermato dalla stessa circolare del 27 luglio del 2007 dell’agenzia delle Dogane».

L’inganno del consumatore prescinde dalla qualità

Ma nulla di tutto questo incide nella decisione della Cassazione, che conferma la condanna per aver messo in commercio 1670 lenti oftalmiche sfuse di fabbricazione e produzione estera. Ininfluente sia che il tricolore fosse il logo dell’azienda sia la dicitura «prodotto importato» come previsto dalla direttiva 93/42 Ce per l’importazione dei dispositivi medici. Per la Suprema corte infatti è punito penalmente «l’uso di segni, figure e quant’altro che induca il consumatore a ritenere, anche in presenza dell’indicazione dell’origine o provenienza estera della merce, che il prodotto sia di origine italiana, trattandosi esemplificativamente dei casi in cui sul prodotto sono apposti segni e figure tali da oscurare, fisicamente e simbolicamente, l’etichetta relativa all’origine, rendendola di fatto poco visibile e non individuabile all’esito di un esame sommario del prodotto, realizzandosi in questo caso la fattispecie di “fallace indicazione”, punibile ai sensi dell’articolo 517 del Codice penale».

Fonte: Il Sole 24 Ore