Leone e Carlo, dopo cinque secoli le due “chiese” pregano insieme. Ambiente al centro dei colloqui

Leone e Carlo, dopo cinque secoli le due “chiese” pregano insieme. Ambiente al centro dei colloqui

È il fermo immagine di un pezzo di storia. I tempi certo sono cambiati, i sovrani non tagliano più teste da tanto tempo, ma serviva un gesto che chiudere un cerchio storico. Ed è successo ieri, sotto gli affreschi di Michelangelo, e la meraviglia della Creazione, nella Cappella Sistina, dove insieme hanno pregato i capi della Chiesa cattolica e quella di Inghilterra. Papa Leone XIV e re Carlo III – affiancato dalla consorte Camilla – aperti al dialogo sui fatti dei nostri tempi, e anche nel cammino sulla strada dell’unità. Non accadeva da 500 anni, in questa forma, anche se la Regina Elisabetta era stata più volte in Vaticano e altri papi l’avevano incontrata, così come Carlo e Camilla avevano fatto visita a Francesco pochi giorni prima della sua morte, nell’aprile scorso.

La strada fatta dal documento di Ratzinger del 2009

Tutto in grande solennità, “Gentiluomini” in numero più altro del solito nel Cortile di San Damaso, dove è risuonato l’inno inglese “God Save the Queen” da parte della banda musicale, con le guardie svizzere schierate. Udienza fitta mentre la regina Camilla visita la Cappella Paolina, poi il colloquio in Segreteria di Stato con il cardinale Pietro Parolin e con monsignor Paul Richard Gallagher, “ministro degli esteri”, inglese di Liverpool. L’agenda è sui “buoni” rapporti bilaterali (poi si vedrà cosa vuol dire), e poi l’ambiente e la povertà, e l’impegno comune per promuovere la pace e la sicurezza di fronte alle sfide globali”. Infine, richiamando la storia della Chiesa nel Regno Unito, si è espressa la necessità comune di continuare a promuovere il dialogo ecumenico. Il tema dei rapporti tra le due confessioni ha una storia lunga e travagliata, ma nel 2009 ha avuto una svolta, con la costituzione Anglicanorum coetibus (in italiano “Gruppi anglicani”) emanata da Benedetto XVI, in cui si prevedeva «l’istituzione di ordinariati personali per anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa cattolica». È cioè rivolta ai gruppi di fedeli, laici e sacerdoti anglicani che decidono di convertirsi al cattolicesimo. Qualcuno parlò di “annessione” o peggio, in realtà era una via aperta a quei fedeli che volevano tornare in ambito cattolico, e ce ne sono stati abbastanza (giusto il più famoso, Tony Blair, che lo aveva già fatto, nel 2007, appena lasciata Downing Street). La pubblicazione del documento era avvenuta in seguito alla richiesta di alcuni fedeli appartenenti alla Comunione anglicana tradizionale che avevano appunto chiesto alla Santa Sede di poter rientrare in seno al cattolicesimo.

La storia delle due chiese segnata dalla prossima canonizzazione di Newman

Per tornare alla visita di Carlo, la preghiera in Sistina è stata «il suggello delle buone relazioni tra le parti ma anche la realizzazione del desiderio del sovrano inglese, governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra, che intendeva dare alla visita di Stato una forte dimensione spirituale in particolare durante il Giubileo della Speranza» ha scritto il sito ufficiale Vatican News. Una particolarità sul testo della funzione: l’inno di introduzione era un testo è di Sant’Ambrogio di Milano, dottore della Chiesa, cantato in una traduzione inglese di San John Henry Newman, anglicano per metà della sua vita e cattolico per l’altra metà. Il teologo inglese, vissuto nell’Ottocento, sarà proclamato dottore della Chiesa il 1° novembre dal Papa. Alla sua canonizzazione, il 13 ottobre 2019 in Piazza San Pietro, partecipò lo stesso Carlo, allora principe.

Per ricordare: la rottura con la chiesa cattolica fu operata da una serie di atti parlamentari approvati tra il 1532 e il 1534, tra cui l’Atto di Supremazia del 1534, con cui si dichiarava re Enrico il “Capo Supremo in terra della Chiesa d’Inghilterra”. L’autorità finale nelle controversie dottrinali e legali ora spettava al monarca; il papato fu privato delle entrate e della decisione finale sulla nomina dei vescovi.

Fonte: Il Sole 24 Ore