L’Fmi alla Ue: «Uno zar per completare il mercato unico»
«Uno zar» per rilanciare l’Europa: è la proposta, o forse la provocazione, della numero uno del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, per scuotere un’Unione troppo passiva e che rischia di rimanere sempre più indietro nel nuovo e turbolento contesto internazionale.
Completare il progetto europeo
L’8 ottobre, nel consueto intervento che precede i meeting di ottobre dell’Fmi e della Banca Mondiale, in programma per la prossima settimana, Georgieva ha strigliato l’Europa: «Basta con la retorica su come aumentare la competitività, sapete cosa bisogna fare. È tempo di agire». E ha invitato a prendere in considerazione «la nomina di uno zar del mercato unico», che sia però «dotato di reale autorità – ha sottolineato Georgieva – per portare avanti le riforme». Quelle da tempo suggerite dall’Fmi: «Eliminare le restrizioni alle frontiere sul mercato del lavoro, sul commercio di beni e servizi, sull’energia e sulla finanza». E ancora: «Costruire un sistema finanziario unico europeo. Costruire un’unione energetica».
In poche parole: «Completare il progetto europeo» e recuperare il ritardo accumulato rispetto al dinamico settore privato statunitense. La numero uno del Fondo non li cita espressamente, ma è del tutto evidente il rimando ai tanto dibattuti e acclamati piani elaborati da Mario Draghi ed Enrico Letta.
«Un’immagine può dire più di mille parole: quella delle sette mega-aziende Usa, nessuna delle quali esisteva 51 anni fa, che per capitalizzazione di mercato surclassano le analoghe aziende europee».
Appena due giorni prima, il 6 ottobre, la presidente della Bce, Christine Lagarde, che ha preceduto Georgieva alla guida del’Fmi, aveva a sua volta bacchettato l’Unione, intervenendo al’Europarlamento, ricordando che a un anno dalla presentazione del report Draghi sulla competitività, le riforme sono rimaste lettera morta. E il 30 settembre aveva affermato che «un aumento di solo il 2% nel commercio interno all’Eurozona sarebbe sufficiente a compensare la perdita di esportazioni verso gli Stati Uniti, causata dai dazi». I Governi, aveva aggiunto, «devono attuare le riforme delineate dai rapporti Draghi e Letta».
Fonte: Il Sole 24 Ore