L’Italia ha speso solo l’8% dei 74 miliardi di Fondi Ue. Strada in salita

L’Italia ha speso solo l’8% dei 74 miliardi di Fondi Ue. Strada in salita

La priorità data ai progetti e alla spesa del Pnrr ha schiacciato su percentuali quasi risibili la performance dei fondi di coesione del periodo 2021-2027. Perché la capacità di progettazione e di rendicontazione delle amministrazioni, sia centrali che regionali, è di per sé limitata e in questi ultimi anni è stata quasi integralmente concentrata sul Pnrr, che ha una scadenza più ravvicinata, cioè agosto del prossimo anno.

Fondi strutturali a metà del guado

La conferma – proprio mentre la cabina di regia governativa sulla coesione fa il primo punto sulla riprogrammazione – arriva dal monitoraggio che fotografa la situazione dei fondi strutturali esattamente a metà del guado: al 31 agosto del 2025, quindi dopo quattro anni e mezzo e quando ne mancano quasi altrettanti alla scadenza per la rendicontazione dei pagamenti (fissata al 2029) – la spesa è ferma a poco meno di di 6 miliardi cioè l’8 per cento dei 74,8 miliardi (42,7 di risorse europee e 32,1 di cofinanziamento nazionali) disponibili in totale tra fondi Fesr, Fse+, Just transition fund e Feampa. La quota di risorse impegnate è invece pari al 27,1 per cento.

L’esigenza di una riprogrammazione di medio periodo

Numeri che spiegano l’urgenza della riprogrammazione di medio periodo dei fondi strutturali. La Commissione ha approvato uno schema che prevede la possibilità di riallocare una quota verso le nuove priorità della coesione Ue – difesa, resilienza idrica, alloggi, energia, competitività – con il vantaggio per le amministrazioni che aderiscono di ricevere una quota aggiuntiva di prefinanziamento e di beneficiare della proroga di un anno, al 2030, del periodo di ammissibilità della spesa. Ieri la cabina di regia presieduta da Tommaso Foti, ministro per gli Affari Ue, il Pnrr e la coesione, ha esaminato rimodulazioni presentate dalle varie amministrazioni per circa 2,6 miliardi di quota Ue, al netto quindi del cofinanziamento nazionale. Circa 887 milioni saranno reindirizzati per alloggi a prezzi accessibili, 729 milioni per le reti idriche, 278 milioni per la transizione energetica, 204 milioni per la piattaforma europea Step dedicata alle tecnologie strategiche, 196 milioni per difesa, sicurezza e infrastrutture a duplice uso e 12 milioni alla preparazione civile, circa 361 milioni per attività di formazione e sostegno all’occupazione con il fondo Fse+ legate sia alla piattaforma Step sia alla decarbonizzazione. «Queste nuove direttrici strategiche – secondo Foti – costituiscono un’opportunità preziosa per l’Italia, sia per adeguare i programmi al nuovo e mutato contesto socio-economico, coerentemente con nuove priorità del governo, sia per accelerare l’attuazione delle politiche di coesione».

Ministeri più in difficoltà delle regioni

E un’accelerazione, come detto, è indispensabile. Il bollettino dell’ Ispettorato generale per i rapporti finanziari con la Ue (Ragioneria generale dello Stato) mette in rilievo come le amministrazioni centrali, cioè i ministeri, siano addirittura più in difficoltà delle regioni. Entrando nel dettaglio, i Programmi nazionali gestiti dai ministeri per un totale di quasi 26,5 miliardi sono fermi nel complesso al 4,8%.

Fonte: Il Sole 24 Ore