
Lo Yemen tutela il patrimonio culturale aderendo alle convenzioni Unesco e Unidroit
Da oggi il mercato dell’arte dovrà prestare maggiore attenzione alla provenance dei beni yemeniti poiché il paese si è dotato di strumenti internazionali per proteggere e, soprattutto, richiedere i beni culturali sottratti dal territorio. Per avere un’idea dei beni a rischio, si potrà consultare la lista rossa stilata dall’Icom per lo Yemen.
Il contesto politico dello Yemen rimane altamente instabile. Dal 2014, il Paese è devastato da una guerra civile che oppone il governo riconosciuto internazionalmente alle forze Houthi, sostenute dall’Iran. A complicare ulteriormente il quadro, l’intervento della coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha aggravato la crisi umanitaria e alimentato tensioni regionali. La fragile tregua raggiunta nel 2022, sostenuta dall’Onu, ha consentito un minimo sollievo per la popolazione, ma il conflitto non è risolto. Il governo centrale ha un controllo limitato sul territorio, lasciando vaste aree vulnerabili alla corruzione e al saccheggio di beni culturali, un fenomeno reso ancora più critico dalla situazione economica.
In aumento il traffico illecito di beni culturali
I siti archeologici millenari, le antiche città e i reperti di epoca preislamica sono bersagli facili per saccheggiatori e mercanti d’arte senza scrupoli. Le istituzioni culturali locali sono spesso senza risorse, incapaci di proteggere il patrimonio dalle bande criminali che alimentano il mercato nero internazionale. Il conflitto ha, infatti, facilitato il contrabbando, poiché i reperti vengono sottratti e venduti per finanziare i gruppi armati. Le denunce di archeologi e organizzazioni internazionali indicano un’escalation del fenomeno, con reperti yemeniti che appaiono sempre più frequentemente in aste e collezioni private all’estero.
Il 7 ottobre, lo Yemen ha aderito alla Convenzione Unidroit sui beni culturali rubati o illecitamente esportati del 1995, dopo aver aderito, a giugno, alla Convenzione Unesco sulla Protezione del Patrimonio Culturale Subacqueo. Dal 2019 era già parte della Convenzione Unesco sulle Misure da adottare per interdire e impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali del 1970, mentre nel 2023 aveva ratificato il Secondo Protocollo della Convenzione dell’Aja del 1954. Questo passo avanti è stato fortemente voluto dall’Ambasciatore yemenita all’Unesco, Dr. Mohammed Jumeh, in rappresentanza del Ministero degli Esteri, il quale ha guidato l’impegno per allineare il Paese agli standard internazionali di tutela del patrimonio. L’accesso ai trattati implica un impegno maggiore nella protezione del patrimonio e nella restituzione di beni rubati o illecitamente esportati e rafforza la collaborazione internazionale per contrastare il traffico illecito.
Le restituzioni e le custodie
Nel 2023, dopo vent’anni di custodia, 77 beni archeologici sono stati restituiti dagli Stati Uniti allo Yemen, ma solo sulla carta. Infatti, questi tesori saranno esposti al National Museum of Asian Art dello Smithsonian Institution, in seguito a una partnership tra l’istituto e il governo yemenita, firmata dall’ambasciatore Mohammed Al-Hadhrami a Washington per due anni soggetti a eventuale proroga. Un’intesa simile era stata raggiunta nel 2023 con il Victoria & Albert Museum di Londra per quattro antichità yemenite risalenti al 1000 a.C. Dal 2023, anche il Metropolitan Museum di New York ha in custodia beni archeologici provenienti dallo Yemen e restituiti al paese dalla Nuova Zelanda. Sul sito del Met si segnalano altri accordi di questo tipo con paesi come India, Grecia, Thailandia, Nigeria, Corea e Italia. Tali partnership hanno suscitato critiche in quanto potrebbero essere percepiti come retaggi neo-colonialisti, soprattutto in casi come quello greco della collezione Stern, in cui i termini favorirebbero principalmente le istituzioni culturali occidentali.
Fonte: Il Sole 24 Ore