L’obesità impatta negativamente sul sistema riproduttivo, bene la legge per contrastarla
L’obesità è un concreto fattore di rischio per le nascite, impatta negativamente sul sistema riproduttivo. Avere, quindi, un buon peso corporeo, uno stile di vita adeguato e un’alimentazione sana favorisce il concepimento, anche attraverso le tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma), dato che gli embrioni si impiantano maggiormente nei soggetti normopeso. La nuova legge che riconosce l’obesità come una malattia, pertanto, è un passaggio fondamentale per la sanità italiana, perché apre nuove prospettive d’intervento e rappresenta un risultato rilevante anche per la salute riproduttiva. Il nostro paese è tra i primi al mondo a dotarsi di una normativa specifica per la prevenzione e la cura di questa patologia cronica e recidivante.
Quando parliamo di sovrappeso e, più in generale, di obesità, bisogna tenere presente che il tessuto adiposo è un vero organo endocrino, che procede alla trasformazione di ormoni e influenza negativamente l’asse ipotalamo-ipofisario che regola la funzione delle gonadi. Si genera, di conseguenza, un peggioramento della quantità e della qualità degli ovociti, ossia la cellula germinale femminile e della quantità e della qualità degli spermatozoi. Ciò riduce significativamente le chance di concepimento nella coppia. L’obesità, infatti, ha ripercussioni importanti sulla fertilità, sia maschile sia femminile: nelle donne ostacola l’ovulazione, la regolazione ormonale e incide sulla qualità endometriale, mentre a livello maschile è noto come l’obesità sia associata a una ridotta qualità dello sperma.
Grazie alla nuova normativa, si compie un primo decisivo passo verso un approccio sistemico e a 360° gradi a questa patologia, che deve poter coinvolgere più specialisti, le istituzioni, le comunità territoriali, per mettere in campo azioni coordinate di prevenzione e formazione, soprattutto a tutela delle nuove generazioni. È rilevante che il testo, di iniziativa parlamentare, preveda inoltre un piano di formazione per i medici e i pediatri e l’istituzione presso il Ministero della Salute, dell’Osservatorio per lo studio dell’obesità, uno strumento essenziale che, ci si augura, possa comunque dialogare concretamente con i centri di procreazione assistita, nella consapevolezza che questa patologia costituisca, in ogni caso, un reale fattore di rischio clinico proprio per l’infertilità. Come ha osservato anche il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ‘con questa legge si rafforza l’impegno nel contrasto all’obesità puntando in modo determinante sulla prevenzione così come sulla formazione specifica per il personale sanitario’.
Non va, poi, dimenticato che esiste una predisposizione genetica all’obesità, dovuta all’attività di molteplici geni che possono essere modificati da corretti stili di vita. Non si tratta solo di un fatto monogenico, ossia determinato dalla trasmissione di un singolo gene dal genitore al figlio, ma di una trasmissione poligenica, cioè determinata da diversi geni che possono interferire, per esempio, sul controllo della sazietà e sull’appetito. Questi geni, però, possono essere attivati o repressi a seconda del tipo di nutrizione che seguiamo. Si ha, in sostanza, un’influenza cosiddetta epigenetica sull’espressione di questi geni. Ecco perché l’alimentazione è importante: ci sono particolari alimenti ricchi di alcune sostanze chiamate gruppi metilici, che vanno a incidere sul Dna e sono in grado di attivarlo o disattivarlo.
Stili di vita, educazione alimentare, formazione professionale per i professionisti della salute sono aspetti determinanti per contrastare l’obesità, nella consapevolezza che occorra attivarsi su più fronti sin dall’infanzia. In questo percorso, anche la scuola deve svolgere un ruolo di primo piano in pieno raccordo con le famiglie.
Fonte: Il Sole 24 Ore