
L’ombra dei dazi frena l’export: la metalmeccanica rallenta
Per la produzione della metalmeccanica e meccatronica se si guarda al passato sono «più ombre che luci», mentre nelle attese per il futuro è «nebbia fitta a causa del persistere delle incertezze del quadro geopolitico». Sono le parole utilizzate dal Dg Stefano Franchi per sintetizzare la 175esima congiunturale che Federmeccanica ha presentato ieri, che evidenzia nel secondo trimestre una variazione positiva dello 0,5% rispetto al trimestre precedente (in rallentamento, visto che gennaio-marzo segnava una aumento congiunturale del +0,8%), ed una contrazione tendenziale del 2,8% sul secondo trimestre 2024 ( attenuando il dato negativo del -5,8% del primo trimestre ).
I dati del primo semestre 2025
Nel primo semestre la produzione metalmeccanica è diminuita in media del 4,3% rispetto al primo semestre 2024, con una perdita più marcata rispetto al comparto industriale nel suo complesso (-2,8%). Complice l’export metalmeccanico/meccatronico che nei primi sei mesi è diminuito dello 0,5% nel confronto tendenziale (-0,4% verso i paesi UE e -0,6% verso i mercati extracomunitari). Su questo dato incide l’incertezza, conseguenza dei dazi più volte annunciati nel primo semestre, considerando che tra gennaio e giugno il calo dei flussi verso gli Usa (che rappresentano oltre il 10% dell’export) è stato del 6,1%. Le dinamiche produttive sono state disomogenee nei diversi comparti nel primo semestre, tutti i comparti hanno subìto perdite produttive rispetto allo stesso periodo del 2024, in particolare la fabbricazione di Autoveicoli e rimorchi (-18,7%), solo Metallurgia e Altri mezzi di trasporto hanno registrato variazioni positive contenute (rispettivamente +0,7% e +0,2%).
Altri due indicatori importanti dello stato di salute del settore sono la dinamica dei prezzi alla produzione dei prodotti metalmeccanici – fatto 100 l’indice di gennaio 2020 si è attestata a 120,2 ad aprile – e la marginalità che va riducendosi considerando che per quanto riguarda il rapporto del Mol sul fatturato (2024), a fronte del 26% di imprese che ha registrato incrementi, per il 32% la grandezza è rimasta stabile e per il 42% è diminuita. «La nostra industria è a vocazione esportatrice – ha ricordato la vicepresidente Alessia Miotto -, non si può pensare di cambiare pelle puntando sulla domanda interna, trovare altri mercati di sbocco non è di facile realizzazione in tempi brevi. Il rischio concreto è di perdere una buona parte della nostra industria metalmeccanica, con intere filiere. Serve una politica industriale di lungo periodo, non misure “a rubinetto”».
Le preoccupazioni delle imprese
E la preoccupazione emerge anche nell’indagine condotta tra le imprese associate, come ha spiegato il direttore del centro studi Ezio Civitareale, che vede l’83% degli imprenditori che teme impatti negativi dalle nuove misure protezionistiche, soprattutto perdita di quote export (32%), difficoltà nelle catene di approvvigionamento (25%) e aumento della pressione competitiva sul mercato UE (21%). Il 24% delle imprese intervistate ha dichiarato una diminuzione del portafoglio ordini (a fronte del 20% che ha registrato un aumento). Il 19% (in discesa dal 26% scorso) prevede incrementi di produzione per i prossimi mesi contro il 25% (superiore al 19% a fine marzo) che, al contrario, prospetta diminuzioni. Resta significativa, pari al 10%, la percentuale di imprese che valuta “cattiva o pessima” la situazione della liquidità aziendale.
Alle tensioni internazionali si aggiunge, poi, un’incognita interna: il negoziato per il rinnovo del contratto nazionale scaduto il 30 giugno del 2024: ieri è partito il primo dei tre tavoli tecnici fissati per settembre.
Fonte: Il Sole 24 Ore