«L’Ucraina aveva un piano per portare Trump dalla propria parte. Poi, Putin ha chiamato»
«L’Ucraina aveva un piano per portare Trump dalla propria parte – titola il “Kyiv Independent” -. Poi, Putin ha chiamato». E per l’ennesima volta, la settimana scorsa, il presidente americano ha cambiato tono con Volodymyr Zelensky, spingendolo a venire a patti con Mosca e facendo marcia indietro sui missili Tomahawk, che fino a due giorni prima Trump era sembrato disposto a consegnare a Kyiv per poi ricordarsi improvvisamente che gli Stati Uniti «ne hanno bisogno».
Ogni volta che Trump manifesta insofferenza nei confronti della Russia – definita il mese scorso una «tigre di carta» con un’economia al collasso – Vladimir Putin riesce rapidamente a riconquistarlo, allontanando la minaccia di nuove sanzioni pur senza concedere quasi nulla sul fronte del negoziato. Che cosa ha detto Putin a Trump per convincerlo anche questa volta?
Alcuni analisti sostengono che dare peso alle evoluzioni degli umori del presidente americano non abbia senso, perché la sua linea accondiscendente verso Putin di fatto è sempre la stessa, negli alti e bassi di un legame consolidato. In cui la componente degli affari e di interessi comuni potrebbe avere un ruolo cruciale: «Abbiamo parlato di commercio», ha riferito Trump parlando della telefonata di giovedì scorso. Assecondando il desiderio dei russi di anteporre la ripresa dei legami economici con gli Stati Uniti alla ricerca di una via di pace in Ucraina.
Se è soltanto il business la carta con cui Putin è convinto di tenere in mano Trump, servendosi di lui per arrivare prima o poi a imporre a Zelensky e all’Ucraina una specie di resa, il prossimo summit di Budapest – se confermato – ribadirà lo schema di quello di Ferragosto ad Anchorage: l’intransigenza di Mosca irriterà Trump anche se dietro le quinte, come si dice sia avvenuto in Alaska, russi e americani studieranno il modo per riavvicinare le proprie compagnie; mentre l’Europa tornerà a fare quadrato attorno a Zelensky, pur senza arrivare mai a garantirgli il sostegno incondizionato di cui avrebbe bisogno. Imbarazzata, peraltro, dallo svolgimento sul proprio territorio di un vertice in cui non è stata chiamata in causa.
Mentre questa diplomazia gira in tondo, sul campo di battaglia la guerra va avanti. E vede i due avversari a un impasse sul fronte di terra, quasi in parità malgrado i proclami dei russi sui progressi di un’offensiva che in realtà è quasi ferma, condizionata su entrambi i lati dallo strapotere dei droni. Ogni giorno i bombardamenti di Mosca sulle infrastrutture energetiche cercano di piegare la capacità di resistenza degli ucraini al quarto inverno di guerra: ma anche gli attacchi ucraini a raffinerie e oil terminal russi stanno iniziando a incidere seriamente sulla vita dei russi e sui guadagni dell’energia, mentre l’economia rallenta e tradisce le crescenti difficoltà del Governo russo di finanziare lo sforzo bellico.
Fonte: Il Sole 24 Ore