Lukoil, asset all’estero a rischio dopo il dietrofront imposto a Gunvor dagli Usa

Lukoil, asset all’estero a rischio dopo il dietrofront imposto a Gunvor dagli Usa

Gli ultimi sviluppi hanno aspetti sorprendenti, a cominciare dalle modalità con cui si è espresso il dipartimento del Tesoro: non un documento ufficiale, ma un post su X (l’ex Twitter) dai toni ben poco diplomatici. «Il Presidente Trump ha chiarito che la guerra (in Ucraina, Ndr) deve finire immediatamente – si legge –. Finché Putin continuerà le uccisioni insensate, la marionetta del Cremlino, Gunvor, non otterrà mai una licenza per operare e fare profitti».

La risposta di Gunvor è arrivata circa un’ora dopo – nella notte italiana tra giovedì 6 e venerdì 7 novembre – attraverso lo stesso social media: dal Tesoro Usa affermazioni «disinformate e false», scrive la società, ribadendo di essere sempre stata «aperta e trasparente» sulle sue relazioni e attività, ormai da tempo slegate dalla Russia.

«Accogliamo con favore l’opportunità per assicurare che questo chiaro malinteso venga corretto», prosegue il post, concludendo che Gunvor «nel frattempo» ritira la proposta di acquisto per gli asset internazionali di Lukoil. Frasi che suggeriscono un tentativo in extremis di mantenere aperto uno spiraglio di trattativa con le autorità Usa.

Il ceo Törnqvist nei giorni precedenti si era sforzato di rassicurare Washington (e in generale l’opinione pubblica), negando l’esistenza di patti segreti con Lukoil per restituirle gli asset in futuro e affermando che la transazione comporterà «un taglio netto» rispetto alla sfera d’influenza di Mosca. Con Bloomberg Tv si era addirittura spinto a dirsi «abbastanza fiducioso che il deal soddisfi tutti i requisiti essenziali» per ottenere l’approvazione degli Usa.

Lukoil stessa nei suoi comunicati sulle dismissioni aveva citato l’Ofac (l’Office of Foreign Assets Control del dipartimento del Tesoro, che vigila sul rispetto delle sanzioni Usa), lasciando intendere che c’era un canale di comunicazione aperto, anche per chiedere «se sarà necessario» una proroga della scadenza del 21 novembre, data entro cui Washington impone di troncare le relazioni con il gruppo russo, minacciando la più temibile delle sanzioni secondarie: l’esclusione dal sistema del dollaro.

Fonte: Il Sole 24 Ore