
Lusso, aumentano i clienti in tutto il mondo. E lo 0,1% più ricco genera il 37% della spesa
I clienti più importanti del lusso, infatti, chiedono delle nuove e più curate modalità di comunicazione e coinvolgimento: meno invasività e caos comunicativo, in primis, e più personalizzazione. Il 60%, per esempio, si sente sopraffatto da un marketing eccessivo e impersonale: in media, interagiscono attivamente con 57 brand e ricevono 40-50 comunicazioni al mese. L’80% desidera spazi esclusivi e intimi, non esperienze retail standardizzate e affollate. Il 90% considera la qualità del prodotto un elemento imprescindibile, considerazione che alimenta le strategie di rafforzamento di artigianalità e trasparenza lungo la filiera. «Rafforzare il settore del lusso significa tornare a ciò che lo ha reso straordinario fin dall’inizio, soprattutto per i clienti top-tier: connessioni profonde, intimità, qualità e fiducia», ha notato Guia Ricci, managing director e partner di BCG. In questo senso, una rinnovata centralità della relazione umana può essere implementata e supportata dalle tecnologie di intelligenza artificiale.
Anche gli spazi di vendita devono essere ripensati in base a queste considerazioni, come ha sottolineato lo studio “Reinventing Multi-Brand Retail” di Bernstein, concentrato sulla formula dei negozi multimarca, al centro di una sfidante fase evolutiva, al contrario dei monomarca. Se questi ultimi, come ha sottolineato Luca Solca, Head of Global Luxury Goods di Bernstein, hanno conosciuto uno sviluppo impetuoso negli ultimi 15 anni, i multimarca, sia fisici sia digitali, sono spesso entrati in crisi.
«Il risultato è che la scelta per i consumatori si è molto ridotta, così come i canali distributivi disponibili per marchi più piccoli che non hanno la forza di sostenere una presenza retail mono-marca – ha sottolineato Solca -. Internet non risolve il problema, perché se è facile trovare brand conosciuti, è molto difficile scoprire qualcosa che invece non si conosce. La partita per reinventare il retail multi-marca abbigliamento è aperta. Ci sono i players tradizionali che tentano di migliorare il formato “department store” tradizionale: molto interessante in questo ambito è il nuovo negozio di Seibu Ikebukuro, così come Maxwell’s negli Stati Uniti. Ci sono i mass fashion players – come Inditex – che stanno con successo espandendosi nel segmento premium. Ci sono infine nuovi players – giganti internet come Google o Amazon – che ciascuno a suo modo sta cercando una via. Molto interessante l’ibrido Amazon + Saks. Senza dimenticarsi dei grandi mass marketers online cinesi, come Shein o Temu».
Lo studio ha evidenziato anche come le formule tradizionali di department store e boutique multibrand, sia in Occidente sia in Giappone, si trovano in difficoltà strutturale, nonostante la presenza in location ad alto traffico. Sul piano digitale, le piattaforme online multibrand non sono riuscite a costruire modelli sostenibili: un esempio è Farfetch, che con il suo marketplace generalista non ha costruito modelli sostenibili né per i retailer né per i brand.
Tuttavia, anche in questo universo esistono eccezioni, con i casi di successo di Sephora nella cosmetica, di EssilorLuxottica nell’occhialeria e di Level Shoes nella calzatura, modelli multibrand iper-specializzati che hanno prosperato grazie a forti economie di scala, consolidamento e competenze di categoria.
Fonte: Il Sole 24 Ore