Maltrattamenti da parte delle forze di polizia: la Cedu condanna l’Italia

Maltrattamenti da parte delle forze di polizia: la Cedu condanna l’Italia

Lesioni personali e maltrattamenti da parte degli agenti di polizia, a cui si aggiungono le conseguenze della prescrizione, hanno condotto la Corte europea dei diritti dell’uomo a condannare l’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea che vieta la tortura e i trattamenti inumani o degradanti. Con la pronuncia depositata il 5 giugno, nel caso Cioffi contro Italia (ricorso 17710/15), la Corte ha anche accertato che, dopo la condanna inflitta all’Italia con la sentenza Cestaro, malgrado l’adozione di nuove norme volte a prevedere la tortura come reato, il nostro Paese non è riuscito a punire i responsabili e non ha applicato sanzioni adeguate alla gravità dei fatti.

La vicenda

Il ricorso è stato presentato da un cittadino italiano che, nel 2001, partecipò a una manifestazione contro la globalizzazione a Napoli, durante la quale intervennero le forze dell’ordine. Mentre il ricorrente si trovava al pronto soccorso, fu prelevato da alcuni agenti e condotto in una stazione di polizia. Qui iniziarono i maltrattamenti, con passaggio da una sorta di corridoio in cui il ricorrente, all’epoca praticante legale, fu colpito con schiaffi e calci. «Trattamenti particolarmente odiosi», hanno precisato i giudici, che condussero all’apertura di un’inchiesta e a un procedimento penale che si è chiuso per prescrizione, a eccezione di due agenti che rinunciarono ad avvalersene.

L’uomo ha fatto ricorso alla Corte europea la quale, con tempi eccessivamente lunghi (il ricorso è stato presentato nel 2015 e la sentenza è arrivata nel 2025), ha accertato la violazione da parte dell’Italia, sia sotto il profilo procedurale sia sostanziale, dell’articolo 3 della Convenzione che vieta i trattamenti inumani o degradanti. Il ricorrente – scrive la Corte – è stato vittima di atti odiosi, incluse percosse e violenze fisiche e verbali che hanno determinato nell’uomo uno stato prolungato di paura. La Corte stigmatizza anche la durata del procedimento: a fronte di fatti particolarmente gravi nei confronti di 31 agenti, salvo che in due casi, il decorrere del tempo ha portato alla prescrizione, impedendo così l’accertamento della responsabilità penale e la punizione dei colpevoli.

La legge contro la tortura

La Corte ha poi richiamato la condanna inflitta nel 2015, con la quale ha imposto all’Italia l’adozione di una legge per l’inserimento del reato di tortura nella legislazione, in modo da assicurare una punizione effettiva di forze dell’ordine o organi dello Stato: i giudici non ritengono adeguato il quadro normativo italiano, in particolare a causa del sistema di prescrizione che ha portato la Corte di appello a prendere atto del decorso del tempo per gli indagati, potendo arrivare all’accertamento della responsabilità per soli due agenti che hanno rinunciato ai termini.

Fonte: Il Sole 24 Ore