“Mani-fatture”. Nelle ceramiche la “seconda anima” di Lucio Fontana
In Liguria, lavorando fianco a fianco con l’amico Tullio d’Albissola (Tullio Mazzotti) e gli artigiani della fornace Mazzotti, costruisce un universo di relazioni e di sperimentazioni. La settantina di opere esposte, selezionate tra le oltre duemila realizzate nel corso della vita, mostrano una creatività proteiforme: pagliacci e coccodrilli, crocifissi, ritratti, creature marine, forme primordiali, sono specchio dei diversi contesti storici, sociali, politici e geografici in cui Fontana ha vissuto e operato. In questa produzione tutto è tensione tra vita e forma, tra caos e ordine, tra il peso della terra e la proiezione oltre lo spazio.
Pezzi eccezionali, soprattutto da collezioni private, in alcuni casi mai esposti prima, consentono dunque di restituire una panoramica completa sul Fontana scultore di ceramiche: la mostra si apre con la “Ballerina di Charleston”, del 1926, realizzata in Argentina, nella città natale di Rosario, che lui stesso definisce la sua “prima ceramica”, nonostante sia fatta in gesso.
Il percorso espositivo segue poi un andamento cronologico e tematico. Smaltate o ruvide, invetriate, grandi, piccole, le opere di Fontana sono una vera esplosione di vita. Se la pittura è finzione, nella ceramica l’artista trova la realtà, il colore, il movimento. Nei Ritratti – da Teresita (1949) a Milena Milani (1952) fino a Esa (1953) – si manifesta la sua dimensione più sentimentale. I volti femminili sono insieme reali e simbolici: la ceramica, più della pittura o del bronzo, restituisce delle presenze vive, fatte di affetto e di vicinanza.
Nell’Italia della ricostruzione e del boom economico Lucio Fontana trova il tempo per collaborare anche con designer e famosi architetti milanesi, realizzando fregi ceramici per facciate di edifici e sculture per chiese, scuole, cinema, hotel, circoli sportivi che ancora oggi decorano la città e che in mostra rivivono grazie alle immagini potenti di un cortometraggio appositamente realizzato dal regista argentino Felipe Sanguinetti, che è parte integrante del percorso espositivo.
Creare in ceramica é un processo lento, che richiede un gran numero di passaggi: fino alla fine l’esito è imprevedibile. In questa imprevedibilità Fontana opera le sue sperimentazioni, gioca con la materia fino a spingersi a produrre forme astratte.
Fonte: Il Sole 24 Ore