Manovra 2026: dai commercialisti all’industria del farmaco, ecco tutte le richieste al Parlamento
Dopo giorni di scontri in maggioranza – e non solo – ha preso il via la sessione di Bilancio in Parlamento. Che si è aperta con una raffica di audizioni. Un lavoro preliminare che si concluderà giovedì 6 novembre, con l’audizione del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti davanti alle commissioni Bilancio riunite di Senato e Camera. Saranno quattro i relatori per la legge di Bilancio in Senato, uno per ogni componente della maggioranza di centrodestra – Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Civici d’Italia-Udc-Noi Moderati – e l’ufficializzazione, secondo quanto viene confermato, dovrebbe arrivare al termine del giro di audizioni.
Martedì 4 novembre la seconda tornata di audizioni. Tra gli auditi, i sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confsal, Cisal e Usb), Confindustria, Confesercenti, Confartigianato, Casartigiani, Cna, Coldiretti, Cia, Confagricoltura, Copagri, Ance, Confedilizia e Ania.
I soggetti auditi hanno avanzato le proprie proposte. Ecco, in estrema sintesi, gli spunti che sono emersi in queste ore.
I commercialisti: «Via la norma sul blocco dei pagamenti a professionisti»
Pur condividendo lo spirito della manovra, soprattutto per quanto concerne la rivisitazione dell’aliquota Irpef, il Consiglio nazionale dei commercialisti ha avanzato una serie di proposte. Nel testo della memoria consegnata alle commissioni congiunte Bilancio di Senato e Camera, si evidenzia come «rischia di produrre effetti distorsivi e di introdurre ulteriori complicazioni burocratiche» la misura al comma 10 dell’articolo 129 che «subordina il pagamento dei compensi ai liberi professionisti che rendono prestazioni in favore delle amministrazioni pubbliche alla verifica della loro regolarità fiscale e contributiva. In sintesi – si legge – il professionista incaricato dalla pubblica amministrazione sarà tenuto a produrre la documentazione comprovante la regolarità fiscale e contributiva contestualmente alla presentazione della fattura per le prestazioni rese». I commercialisti, dunque, sono sfavorevoli alla norma, di cui chiedono l’eliminazione, in quanto non sono previsti né una soglia minima dei debiti del professionista oltre la quale opererebbe il ”blocco” dei pagamenti a suo favore da parte delle pubbliche amministrazioni, né un limite da applicare al compenso da sottoporre al medesimo “blocco”. Pertanto, anche in presenza di irregolarità minime e di modesto importo scatterebbe, ingiustificatamente, il blocco dei pagamenti dovuti al professionista. La norma, aggiungono, risulta altresì discriminatoria in quanto introduce una palese disparità di trattamento tra i liberi professionisti e gli altri creditori delle amministrazioni pubbliche, come, ad esempio, i dipendenti pubblici.
«Rivedere il trattamento fiscale dei dividendi»
Non solo. Il Consiglio nazionale dei commercialisti invoca «una modifica anche sul trattamento fiscale dei dividendi percepiti dagli imprenditori e dalle società, o enti residenti che, nel testo in discussione, viene escluso dal perimetro della Pex per le partecipazioni inferiori al 10%». Per i professionisti «la misura è del tutto asistematica e andrebbe espunta dalla manovra. In subordine, andrebbe quanto meno ridotta sensibilmente la soglia al di sotto della quale scatta la tassazione integrale dei dividendi percepiti dai soci e, comunque, per non scoraggiare gli investimenti nel mercato dei capitali, andrebbero escluse dal nuovo regime le partecipazioni in società negoziate in mercati regolamentati». A seguire, si reclama una specifica disciplina per il trattamento ai fini del reddito di lavoro autonomo dei differenziali positivi derivanti dall’acquisizione di crediti di imposta che, tra l’altro, preveda la loro rilevanza soltanto per i crediti acquistati dal primo gennaio 2025, «superando così evidenti effetti distorsivi nella determinazione del reddito» e di una norma di interpretazione autentica sui contributi erogati a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 che chiarisca «che gli stessi non comportano alcuna limitazione al riporto delle perdite fiscali evitando una paradossale penalizzazione dei soggetti maggiormente incisi dall’emergenza pandemica».
Fonte: Il Sole 24 Ore