Manovra, in tre anni 10 miliardi in meno di imposte sui redditi

Manovra, in tre anni 10 miliardi in meno di imposte sui redditi

Ad aumentare il ritmo di crescita sono invece le imposte sostitutive, per 2,2 miliardi, in un saldo che rimane quindi positivo per 9,75 miliardi e si spiega con molte delle misure ora all’esame del Senato. Che per esempio tolgono dall’imponibile dell’Irpef gli aumenti contrattuali per i lavoratori del privato con redditi fino a 28mila euro, o una quota di salario accessorio per i dipendenti pubblici che guadagnano fino a 50mila euro, e chiedono in cambio (con le «sostitutive», appunto) una tassa piatta, più leggera di quella ordinaria. Il taglio della seconda aliquota fa il resto, in un capitolo che numeri alla mano è il cuore vero di tutta la manovra.

Ma nulla è gratis, soprattutto in un Paese che ha in rapporto al Pil il secondo debito pubblico d’Europa (ma per il primato è solo questione di tempo, nemmeno troppo) e deve rispettare una rigida traiettoria dei conti concordata con Bruxelles. Oltre a dare, di conseguenza, la manovra chiede.

Lo evidenzia bene la linea dell’Ires, che si irrobustirà di 2,3 miliardi l’anno prossimo, di 3,1 miliardi nel 2027 mentre nel 2028 la differenza rispetto al tendenziale si riduce a 614 milioni. Lì si incontra una parte delle maggiori entrate strutturali chieste alle banche, chiamate anche ad anticipare nuove risorse con il rinvio ulteriore dei crediti sulle imposte differite, ma anche il conto presentato alle imprese, per esempio dal cambio di rotta sulla tassazione dei dividendi contestato da Forza Italia. L’orizzonte triennale esclude larga parte degli sconti riconosciuti alle aziende che investiranno dal ritorno degli ammortamenti «iper» e «super», che si scontano in un arco temporale più lungo.

Negli 1,6 miliardi di maggior gettito Iva si fanno sentire le regole antievasione introdotte con i controlli sprint grazie all’incrocio dei dati della fatturazione elettronica, degli scontrini telematici e delle liquidazioni periodiche (Lipe). L’etichetta ambientale accompagna il «riallineamento» delle accise fra benzina (scenderanno) e gasolio (saliranno), che grazie alla maggior diffusione dei motori diesel porterà in cassa 1,7 miliardi fra 2026 e 2028. Gli 1,5 miliardi di nuove entrate generate da tabacco e affini potrebbero essere invece motivate da nobili ragioni di tutela della salute.

Ma dal tabaccaio come al distributore, sono le coperture a dettare legge. Perché ogni scelta ha un costo, anche se negli anni del deficit facile si era finto il contrario.

Fonte: Il Sole 24 Ore