
Marcegaglia: «Serve più coesione, no all’Europa delle nazioni»
No al ritorno di un’Europa delle nazioni e anche a un protezionismo economico che potrebbe solo nuocere alla competitività. Occorre, invece, lavorare per mettere un freno sia all’uso di dazi e sussidi, sia al ricorso alle armi per risolvere questioni geopolitiche che andrebbero, invece, affrontate con un maggior utilizzo della diplomazia e del dialogo. E poi l’auspicio che l’Europa, e segnatamente l’Italia, grazie al Piano Mattei messo a punto dal Governo, possano rivolgere l’attenzione all’Africa, «che potrebbe essere la prossima frontiera di sviluppo economico per l’Ue» e per la quale servono «progetti comuni», realizzati però senza intenti predatori.
Queste, in sintesi, le riflessioni di Emma Marcegaglia, presidente e ad di Marcegaglia Holding nonché B7 chair, durante il Festival dell’Economia di Trento, al quale ha partecipato intervenendo sul tema Piattaforma comune per le economie occidentali.
Europa più integrata
«Mi auguro – ha detto Marcegaglia, parlando delle imminenti elezioni europee – che la nuova Commissione Ue non continui con il metodo ideologico applicato finora per affrontare il tema della transizione energetica; ma vado oltre, diciamo un po’ più su: mi auguro che non prevalga, in Ue, l’idea di avere meno Europa. Al contrario, quello che, secondo me, serve è una maggiore integrazione europea. Dovremmo decidere insieme sulle materie prime critiche, dovremmo decidere insieme una diversa politica energetica, dovremmo fare l’unione dei mercati capitali. Mi fa molta paura che possano prevalere un Parlamento o Paesi che dicano che serve meno Europa. Siamo tra due colossi, Usa e Cina, che stanno facendo una guerra commerciale e, se non avremo almeno una dimensione europea, noi siamo morti. Mi auguro che non prevalga l’idea di un’Europa delle nazioni».
Auspicando un’Ue più coesa, sotto il profilo politico ed economico, Marcegaglia si è soffermata anche sulla questione dei provvedimenti protezionistici che stanno, sempre più, prendendo spazio, a livello mondiale. «Il protezionismo – ha sottolineato – non porta a migliorare la competitività. Oggi c’è grande divario tra Usa ed Europa sul tema dei dazi, e lo stiamo vedendo anche al G7 di Stresa. Sul tema del commercio internazionale non siamo naif, non possiamo pensare di avere ancora una globalizzazione come negli anni 2000. Oggi, con pandemia, guerra e conflitti, abbiamo un mondo spezzato e le parole d’ordine sono sicurezza economica, autonomia e reshoring. Tutto questo è chiaro; ma occorre fare attenzione che non si trasformi in protezionismo, che sarebbe contro il nostro interesse. E questo è anche uno dei principali messaggi del B7».
Armi e dazi
Approfondendo il tema della disfida economica tra Oriente e Occidente, sempre più all’ordine del giorno, anche per quanto attiene alla transizione energetica, Marcegaglia ha fatto una riflessione sulla necessità di affinare le armi diplomatiche, che oggi appaiono, quanto mai, spuntate. «E’ evidente – ha affermato – che su auto elettriche, pannelli e batterie la Cina è molto avanti, forse per cecità di Europa e Usa. C’è una sovracapacità in Cina e c’è un tema di sussidi alle imprese cinesi. Ma se mettiamo dazi, a prescindere, su tutte queste tecnologie, succederà che la Cina risponderà con altri dazi. Occorre stare attenti a questa logica, che non prevede più, a livello mondiale, la diplomazia. Ormai non ci si siede più a parlare. Suggerirei, invece, di provare a tornare a sedersi a un tavolo e mi auguro che, al G7, si faccia qualche ragionamento in questo senso. Spero, insomma, che tra i Paesi del G7 si trovino punti in comune. Perché questa continua corsa alle armi, ai dazi e ai sussidi è molto preoccupante».
Fonte: Il Sole 24 Ore