maxi ammortamenti e nuove regole dal 2026
Esauriti i fondi di Transizione 4.o e del vecchio piano 5.0. Verso lo stop per i crediti d’imposta per l’innovazione. Addio al credito d’imposta per la formazione. Gli strumenti di politica industriale sono finiti in questa autentica strettoia e la prospettiva di recupero è tutta affidato al nuovo programma di maxi-ammortamenti che prenderà il via nel 2026.
Per le associazioni di impresa alcune scelte di governo sono state poco chiare e poco rispettose di chi ha già avviato o pianificato investimenti ritrovandosi poi con le regole cambiate in corsa d’opera. Un caos generato, in prima istanza, dall’esaurimento del plafond di 2,5 miliardi di euro per Transizione 5.0 che era stato pattuito con la Commissione Ue nell’ambito della rimodualzione del Pnrr.
Il caos su Transizione 5.0
Dal 7 novembre le imprese possono comunque continuare a effettuare la prenotazione dei crediti di imposta sul portale del Gse (Gestore dei servizi energetici) ma ricevono un avviso di indisponibilità delle risorse e finiranno in “lista d’attesa”, cioè accederanno al beneficio fiscale solo se dovessero verificarsi delle rinunce o una riduzione degli investimenti previsti da parte di chi ha già maturato il diritto. Facciamo un passo indietro. Il Pnrr aveva previsto per investimenti effettuati nel 2024 e 2025 secondo le regole del piano Transizione 5.0 un plafond di 6,3 miliardi di euro (di cui 6,23 miliardi per le agevolazioni e il resto per la gestione della misura) ma, soprattutto nella fase iniziale, il tiraggio è stato inferiore alle attese e il governo ha dunque deciso di rivedere l’impegno per destinare i residui ad altri interventi. Nei mesi scorsi è stato quindi concordato di bloccare l’accesso agli incentivi a quota 2,5 miliardi di euro, dirottando i restanti 3,8 miliardi a copertura di altri interventi. Uno stop repentino, a due mesi dalla scadenza naturale del piano, che ha innescato il caos tra molte imprese che, anche a fronte di alcune semplificazioni gradualmente adottate per snellire il piano, avevano avviato gli investimenti riservandosi poi di registrarsi. Dal 7 novembre in effetti è arrivata una pioggia di progetti, che evidentemente molte imprese, anche su indicazione dei consulenti, pensavano di presentare sul finire dell’anno. Siamo già oltre 3,5 miliardi totali, quindi oltre 1 miliardo al di sopra del limite fissato con la Ue. Questo significa che il governo dovrà recuperare risorse aggiuntive, facendo in sostanza retromarcia rispetto alla decisione iniziale di definanziare la misura per non rischiare di sforare i target del Pnrr. Se ne discuterà martedì 18 novembre, in un incontro convocato con le associazioni imprenditoriali dal ministero delle Imprese e del made in Italy.
Stop a Transizione 4.0
La notizia dell’esaurimento delle risorse di Transizione 5.0 ha spinto molte aziende a correre velocemente ai ripari spostando i progetti sul vecchio (e meno generoso in termini di aliquote) programma Transizione 4.0. Con il risultato che anche questi fondi – che disponevano di 2,2 miliardi per il 2025 – si sono rapidamente esauriti.
Il piano Transizione 4.0 si basa su crediti d’imposta a favore di investimenti per l’acquisto o il leasing di beni strumentali funzionali a processi di innovazione digitale e si distingue dal successivo Transizione 5.0, che è invece alimentato con risorse europee del Pnrr e prevede anche obiettivi di risparmio energetico da conseguire con i progetti di innovazione. Anche per Transizione 4.0 il Mimit sottolinea che è comunque ancora possibile continuare a inviare prenotazioni fino alla fine dell’anno: nel caso di nuova disponibilità, per eventuali rinunce o progetti cassati. Va considerato che, nel gioco di sponda tra fondi europei del Pnrr e fondi nazionali, il Mimit ha spostato proprio su Transizione 4.0 i 3,8 miliardi che sono stati definanziati a Transizione 5.0. Questa dote servirà a coprire investimenti “vecchi”, dei periodi di imposta 2023, 2024 e, appunto, del 2025. In commissione Bilancio al Senato sono arrivati emendamenti di Fratelli d’Italia e Forza Italia che puntano a utilizzare i residui anche per nuovi investimenti, realizzati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2026, ma su questa opzione non ci sarebbe al momento l’avallo dei ministeri.
Fonte: Il Sole 24 Ore