Meloni da Mattarella, «sintonia ma parole di Garofani inopportune». In serata nota di Fdi chiude il caso
Venti minuti di colloquio chiesti dalla premier Giorgia Meloni al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Venti minuti di chiarimento doveroso dopo l’anomalo botta e risposta di ieri tra il capogruppo alla Camera di Fdi, Galeazzo Bignami, e il Quirinale. Ma per arrivare ai titoli di coda di un film che rischiava di sfociare in un conflitto istituzionale gravissimo c’è voluta un’altra nota, stavolta congiunta di Bignami e del presidente dei senatori Lucio Malan, arrivata in serata. «Dopo il colloquio Fratelli d’Italia ritiene la questione chiusa – mettono a verbale i maggiorenti del partito di Meloni – e non reputa di aggiungere altro». È il segnale che il Colle aspettava.
Le tensioni di martedì dopo l’articolo de La Verità
L’antefatto è ormai noto. Martedì Bignami aveva chiesto la smentita di un presunto piano anti-Meloni auspicato dal consigliere del Colle Francesco Saverio Garofani secondo un articolo pubblicato da La Verità. Una dura nota del Quirinale ha replicato esprimendo «stupore» per aver dato «credito a un ennesimo attacco alla presidenza della Repubblica costruito sconfinando nel ridicolo». Ore di tensione, in cui le opposizioni hanno attaccato Fdi e Meloni evocando il rischio di un conflitto istituzionale senza precedenti.
Garofani al Corriere: «Chiacchiere tra amici»
Dalla premier nessuna telefonata era partita all’indirizzo di Mattarella. Il potente e fedele sottosegretario Giovanbattista Fazzolari si era limitato a intervenire, insieme a Giovanni Donzelli, per sottolineare come quello di Bignami non fosse un affondo contro il Colle, ma una richiesta di smentita a un singolo consigliere. Stamane Garofani, ex deputato Pd e segretario del Consiglio supremo di difesa, attraverso il Corriere della Sera ha derubricato le conversazioni intercettate – che gli attribuivano l’augurio di uno «scossone provvidenziale» per far terminare l’era Meloni – a «chiacchiere tra amici», dicendosi spaventato «dalla violenza dell’attacco» e dalla «sensazione di essere stato utilizzato per colpire il presidente». Parole che dentro Fdi sono state salutate come un’ammissione.
L’incontro Meloni-Mattarella
Il faccia a faccia Meloni-Mattarella puntava a stemperare i toni e scongiurare un inedito scontro tra le massime istituzioni della Repubblica. Ma non tutto è andato secondo i piani. Non tanto per lo scambio, che viene descritto come franco ma cortese, quanto per il racconto diffuso al termine da fonti di Palazzo Chigi. Che ribadiva sì la «sintonia istituzionale che esiste con il Quirinale, mai venuta meno fin dall’insediamento di questo Governo e di cui nessuno ha mai dubitato», ma anche il rammarico espresso dalla premier al capo dello Stato per le parole «istituzionalmente e politicamente inopportune pronunciate in un contesto pubblico» dal consigliere.
L’irritazione del Colle e poi la schiarita
Le stesse fonti giustificano le affermazioni di Bignami del giorno precedente come l’intenzione, «da parte del partito di maggioranza relativa, di intervenire per fugare ogni ipotesi di scontro tra due istituzioni che invece collaborano insieme per il bene della Nazione». Non sono i passaggi che il Quirinale si aspettava. Meloni non avrebbe chiesto esplicitamente un passo indietro di Garofani. Perché, dunque, insistere? Da qui il grande freddo, con il dubbio se intervenire o meno di nuovo con una nota. Ma poi da Fratelli d’Italia, con la nota dei capigruppo, hanno issato la bandiera bianca. Si volta pagina, domani è un altro giorno. Il vero interrogativo ora è uno: se ci saranno eventuali strascichi. E quali.
Fonte: Il Sole 24 Ore